venerdì 20 marzo 2015

"La voce come medium. Storia culturale del ventriloquo" di Steven Connor

Ripescaggi #38

(Non ricordo più dove uscì questo testo del 2007. Credo - ma non ne sono certo - sul sito della rivista "daemon").

Il ventriloquo – è una cosa che abbiamo appreso da bambini – produce una voce dissociata, la cui fonte rimane invisibile all’ascoltatore. E questo vale anche per i mezzi di comunicazione che abbiamo chiamato “di massa” in passato e che ci ostiniamo a definire tali anche nell’epoca attuale, quando questa qualifica comincia a star loro stretta. E vale davvero per tutti i mezzi di comunicazione che segnano la modernità: tv, radio, cinema, telefono e web. Da questa semplice constatazione parte il ragionamento portante di questo articolatissimo studio di Steven Connor (La voce come medium. Storia culturale del ventriloquo, Luca Sossella Editore, 2007, pp. 488, € 20, libro che pare non più disponibile per l'acquisto), docente di Modern Literature and Theory al Birkbeck College di Londra e autore di fondamentali studi su Dickens, Joyce e Beckett. Un saggio – si è detto – articolatissimo e amplissimo in virtù del fatto che Connor fa partire la propria storia della voce interna e dissociata dalle origini greche e romane (oracolari), passando per i posseduti, i mistici e le streghe fino ad approdare quindi ai nuovi mezzi di comunicazione.

La possibilità, la capacità di parlare con una voce dissociata ha attraversato tutta la storia dell’umanità e trova oggi nuovi lidi. In questa considerazione sta la vera attualità di questo libro e l’importanza di poter disporre della sua traduzione in italiano. La voce che abita l’animo umano è la protagonista indiscussa di queste pagine che diventano insospettabilmente utili a molti (studiosi di letteratura, di nuovi media, poeti, registi, attori, giornalisti ecc.) per capire i meccanismi che spiegano il funzionamento della voce interna, per provare a dire un perché al fascino che continua ad esercitare.

Il ventriloquo non è quindi (non lo è mai stato, ma non è scontato che questo si sappia) quel fenomeno da circo, magari con un pupazzo in mano, che abbiamo conosciuto da bambini. In effetti, la parola stessa, con quell’esplicito rimando al ventre, si propone alla nostra riflessione in tutto il suo viscerale insediarsi nella storia dell’uomo e della sua corporalità.

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