giovedì 3 maggio 2018

Poesia del politico-personale in Marino Badiale. Uno scritto di Massimo Bacigalupo

Questo scritto di Massimo Bacigalupo è già apparso su "Alias".

Marino Badiale, docente di Analisi Matematica all’Università di Torino e autore di saggi “di riflessione politica e culturale” (come dice la bandella), classe 1958, propone queste Poesie indifese (Genova, Il Canneto, 2017), un suo primo libro di liriche o comunque di “Pensieri che vanno spesso a capo” (titolo della IV e ultima sezione dell’accattivante libretto). Per Badiale scrivere versi è un modo di ragionare sulle emozioni private sullo sfondo molto presente della Civiltà e del Pensiero. Quasi ogni poesia è costellata di versi in corsivo che funzionano come un controcanto riflessivo e documentario: “I suoi martiri hanno per urna / il grande cuore della classe operaia”; “Lo stato dell’uomo che il tempo / ha cacciato in un mondo interiore”; “per te / una carezza vera / nella macchina del tempo di una sera”... Con felice scelta grafica, in fondo a ogni testo a seguire sono identificate le fonti, per esempio le tre citazioni appena riportate derivano rispettivamente da Marx, La guerra civile in Francia, da un “frammento giovanile di Hegel” riportato da Remo Bodei, e da “Aristocratica di Maria Bazar, per la voce indimenticabile e indimenticata di Antonella Ruggero”. Passione, riflessione, documentazione. Badiale conduce un discorso serrato che si legge con profitto, curiosi e partecipi del suo mondo “indifeso” ma in realtà felicemente oggettivato. Nessuna presunzione orfica, ma una conversazione col lettore su quanto più concerne l’estensore, astratto e concreto. La prima e più ampia sezione si chiama “I dialoghi della figlia”, e racconta di un dolore e di una separazione. Si compone di 28 testi numerati e di due poesie in appendice. Ecco qualche titolo e incipit: 1. “È tutto vero” (“Piangevi / oltre ogni consolazione / per la morte di Padmé”); 2. “Un momento di pace” (“Sempre i buoni contro i cattivi, / mai un momento di pace”); 3. “Ricordare l’essenza” (“Lo spirito / come vero spirito / è in sé e per sé, // non mi fai ridere non mi fai ridere / mi sfidavi a farti il solletico / trattenendo il respiro”); 4. “La sua giustizia” (“Ho cercato di essere giusto / e ho fallito / perdonami // Quaerite autem primum // Troppa la paura, l’angoscia / che mi portavo in cuore”; 5. “A.” (“Vengo a darti il bacio notturno / sei perduta nei sogni, assente / ma il tuo respiro / così sottile / è tutto”). Come si vede, il dettato è trasparente, indifeso, ma visto che la mano che scrive è avvertita, seria, giocosa, dolente, innamorata, le parole suonano nuove, toccano questioni intime e storiche. Le parole si rincorrono, vi si cerca un senso, non tanto per fare, ma con continuità, soprattutto per comunicare. Sicché la poesia ha proprio la funzione di aprire un dialogo, con la figlia (come dice il titolo) e con il lettore che legge questo libro dalla prima all’ultima pagina con un senso di scoperta e partecipazione. La sezione II porta il titolo “Per un maestro (Massimo Bontempelli 1946-2011)” e la terza “Un fantasma d’amore” (“Ho sempre pensato / che non hai niente in comune / con la bruna gitana di Bizet, / a parte il nome // Non so come descriverti / ma certo non potrei usare / quelle parole di passione e morte. / Dovrei parlare piuttosto / di una dolcezza infinita (quella che era solo per me, ricordi?)”). Il mondo entra nella poesia come in tutti i nostri discorsi senza stravolgerla, facendoci conoscere l’universo di riferimenti più o meno condivisi dell’autore. Molti per esempio si sorprenderanno che un pensatore pisano del secondo Novecento fosse omonimo del Bontempelli d’anteguerra e scoprirà una figura di maestro segreto amato e discusso, che con Badiale ha firmato il libro Civiltà occidentale. Un’apologia contro la barbarie che viene (prefazione di Franco Cardini, Il Canneto 2009). Badiale dialoga con l’amico assente dei temi su cui sempre tornavano, che sono anche i nostri, e così ce ne consegna un istruttivo ritratto: “Come si può vivere decentemente / in un tempo senza speranza / come il nostro? / Ce lo siamo chiesti a lungo, ricordi? / Dovevamo anche scriverci un libro. / Tu avresti parlato di Proclo e Giamblico. / Il tuo destino ha deciso diversamente”. Le indicazioni di lettura di Badiale ci invitano a seguirlo nei suoi gusti di pensatore e appassionato di musica leggera (le ultime due poesie del libro del nostro matematico hegeliano si intitolano “Lettera aperta a Francesco Guccini” e “Patty Pravo sulla vecchiaia, la morte, il ricordo”). Insomma, Poesie indifese permette di toccare, per dirla con Whitman, un pensiero e un uomo del 1958 che si racconta con generosità, e compie un lavoro poetico utile e apprezzabile che non ha molti eguali.


Massimo Bacigalupo

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