venerdì 15 settembre 2017

da "In corpore viri" di Gianfranco Ciabatti

Una poesia da #69


La poesia di oggi appartiene a un libro di Gianfranco Ciabatti intitolato In corpore viri pubblicato da Marsilio nel 1998. Oggi lascio qualsiasi rinvio alla figura e all'opera di Ciabatti ai materiali che si possono trovare in rete e a questa bella pagina apparsa otto anni fa su "Nazione Indiana". Volendo c'è un ritratto-scheda sulla poesia di Ciabatti in Dopo la lirica: poeti italiani 1960-2000, l'antologia di Einaudi del 2005 a cura di Enrico Testa. All'epoca Marsilio aveva una bella collana di poesia. A partire da quest'ultima constatazione, avevo scritto una pappardella sulla questione tormentata della poesia e della sua spinosa collocazione editoriale, anche perché settembre e ottobre sono mesi in cui, volenti o nolenti, chi bazzica questi selciati si trova immancabilmente tra i piedi questi discorsi e a breve capiterà sicuramente di parlarne in occasioni pubbliche. Ma ho selezionato tutte le pappardelle al ragù su collane e monili che avevo scritto e cancellato senza pensarci troppo su. E tutto ciò era per dire cosa? Niente, come sempre niente: keep your powder dry. Più opportuno far passare un invito a cercare il libro di Gianfranco Ciabatti, che si trova ancora, almeno in rete. Tanto vale insomma attenersi allo scopo originario di questo genere di post segnaletici, che mi ricordano l'azione del forbire (non perché intenda la poesia come soprammobile, semmai intendo che la poesia è parte del reale tanto quanto i soprammobili). Le indagini sociologiche attorno a poesia e editoria sono sempre ardue, spesso improduttive e a volte perniciose. L'usato, l'antiquariato e il fuori catalogo sono mondi paralleli visitabili (non necessariamente entusiasmanti) fino a quando chi li popola non torna in quelle liste di oracoli provvisori che sono i cataloghi correnti, oppure scompare per sempre nei ripostigli inaccessibili del passato e dell'immondizia: uno su mille ce la fa.





La vita nemmeno la morte
concede in dono.
Fino a un estremo che non vede fine
il corpo conduce forte
la sua lotta.
Lo splendore del sole e la pace dell'ombra
ugualmente
gli vietano la resa
sull'una o l'altra banda della lizza,
in campo aperto
a lungo 
lo cimentano.
E allo scadere del combattimento
sarà dolce la vita, o la morte
sarà dolce
come è stata la vita.


(da Gianfranco Ciabatti, In corpore viri, Marsilio, 1998)


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