mercoledì 9 dicembre 2015

Terre senz'ombra. Anna Ottani Cavina risponde ad alcune domande sull'Italia dipinta dagli artisti europei tra Seicento e Ottocento

Librobreve intervista #64

Nel 2015 Adelphi ha inaugurato una nuova collana intitolata "Imago" che sinora prevede due titoli: Paura reverenza terrore di Carlo Ginzburg, volume inaugurale dedicato al potere politico di qualsiasi immagine, e Terre senz'ombra di Anna Ottani Cavina. Il formato della collana è corposo e incoraggiante a compiere un percorso significativo e magnificamente illustrato, tra scrittura e immagine. Il progetto grafico è innovativo, adatto ad ospitare opere del genere, dove né il testo né l'immagine vuole essere prevalente o prevaricante. Non che la casa editrice milanese avesse snobbato il mondo dell'arte nei decenni passati, però la scelta di aprire una collana così intitolata e dedicata all'immagine, al nostro rapporto con le immagini, è degna di attenzione. Se pensiamo all'editoria d'arte infatti, spesso la troviamo relegata dentro un qualche solco sin troppo specialistico e l'editoria cosiddetta, almeno un tempo, "di cultura" tendeva a seguire questo andamento. Con questo gesto Adelphi sembra voler far scorrere finalmente, nell'alveo del proprio catalogo e non in un'appendice di questo, pubblicazioni sull'arte visiva e le sue implicazioni, più o meno visibili. Per percorrere qualche tratto di questo volume ho rivolto alcune domande a Anna Ottani Cavina, docente di Storia dell'Arte Moderna all'Università di Bologna e alla Johns Hopkins University. La ringrazio per la disponibilità a rispondere e anche per aver messo a disposizione le immagini che chiudono questa intervista.

LB: Il suo ultimo libro, Terre senz'ombra, trova una collocazione editoriale all'interno della neonata collana di Adelphi "Imago", inaugurata da volume di Carlo Ginzburg Paura reverenza terrore. Per quel che riguarda questa sua opera, si tratta di un felice e casuale incontro e comunione di intenti tra autore ed editore al momento giusto oppure di una progettazione che parte da più lontano?
R: Ci tenevo molto, avendo a lungo pubblicato con alcune case editrici che privilegiano gli studi sull'arte, a incontrare Adelphi, il suo pubblico più trasversale, la sua qualità straordinaria dal punto di vista editoriale.


LB: Vorrei rimanere ancora per un istante sulle ragioni "editoriali" che hanno spinto Adelphi a inaugurare una collana come "Imago" (suppongo abbia letto i comunicati della casa editrice al momento del lancio della collana). Sembra quasi che un editore di parole non sia più intenzionato a lasciare l'editoria d'arte ai soli ambiti ai quali è spesso relegata (editoria specializzata, cataloghistica, monografie). Insomma un recupero pieno dell'arte nell'editoria nell'alveo di una certa editoria. Quali sono i suoi pensieri a riguardo?
R: In questa nuova collana l'immagine è al centro. Viene letta da angolazioni diverse in quanto gli autori hanno un diverso background. Ma la cosa più interessante è la flessibilità dell'impianto del libro, la duttilità di una gabbia entro cui le immagini corrono insieme al testo, non sono riunite per blocchi, separate, in fondo al volume. Le immagini sono perfettamente integrate al racconto.

LB: Veniamo a terre Terre senz'ombra: che cosa rappresenta e come arriva questo studio all'interno del suo tragitto di ricerca?
R: Ci sono forse due ragioni che mi hanno spinto in questi ultimi anni a esplorare il tema della natura dipinta. La prima è un mio desiderio di sconfinare rispetto ai campi che negli anni hanno segnato i miei studi: la pittura caravaggesca, il rapporto con l'antichità, il mondo neoclassico... Credo infatti che, scivolando verso altri temi si sia costretti a rigenerare anche gli strumenti della ricerca, a fossilizzarsi un po' di meno. La seconda ragione è che, negli anni fra Sette e Ottocento, il paesaggio diventa un genere privilegiato che canalizza le grandi tensioni dell'uomo e offre una chiave importante per leggere la storia.

LB: Spero accetti ora un piccolo esperimento. Per quel che mi riguarda, aprendo il volume in libreria, sono stato catturato subito dal dipinto dei cipressi di Villa d'Este di Johann Wilhelm Schirmer. Isoliamo quest'opera con elemento singolo all'interno di un volume ricchissimo di immagini. Come e perché appare nello svolgersi della sua opera? La domanda è volutamente pretestuosa, ma i pretesti possono servire ad allargare uno sguardo...
R: C'è un paragrafo del libro che si intitola "Cipressi". Vorrebbe dimostrare che a volte sono  stati gli artisti a "plasmare" il nostro paesaggio, a estrarre dal suo DNA alcune  sequenze che poi sono diventate identitarie. La campagna romana ad esempio, quasi immutata negli anni, viene rappresentata da Poussin attraverso la forma espansa ed eroica delle grandi querce che corrisponde a una visione ideale e classica. Più tardi, in età romantica, sono le verticali scure dei cipressi a rivelare di quello stesso paesaggio il lato oscuro e inquietante.


LB: Terre senz'ombra è un libro di storia dell'arte. Qual è lo stato di salute della disciplina, da un punto di vista accademico, ma ancora più, epistemologico e di riflessione su di sé, sulle proprie prerogative e i propri metodi? Se la domanda le sembra esagerata per gli spazi a disposizione, potrebbe ricorrere ad un esempio per puntare il dito su un problema che le sta a cuore nell'ambito della disciplina e del suo statuto?
R: Penso che servirebbe a tutti noi non dimenticare che la storia dell'arte è parte della storia. Un dialogo serrato con le discipline contigue è forse un'esigenza necessaria, insieme a una scrittura che dovrebbe essere penetrante e pulita.

LB: Infine una riflessione. Il suo studio si presenta e resterà come un eloquente "omaggio" all'Italia, senza nuove o vecchie retoriche. Se è vero che per un libro "chiuso" altri di possibili se ne aprono, quali strade vorrebbe aprisse questa sua ultima fatica?
R: Non ho l'ambizione di aprire delle strade. Vorrei aggiungere che, nella celebrazione di un'Italia intatta e bellissima dipinta da artisti che sono poco conosciuti da noi, non c'è un atteggiamento nostalgico. L'Italia è ancora, in molte sue parti, intatta e bellissima e da sempre il suo paesaggio è stato un paesaggio lavorato e modificato dall'uomo. Per evitare il disastro e la perdita, si tratta di ritrovare quella capacità di armonizzare l'intervento dell'uomo sulla natura che, nei secoli, ha disegnato quella terra incantata che a tutti appariva una "Magic Land".


 Gustaf Wilhelm Palm, Nei giardini di Villa Borghese

  Thomas Jones
Un muro a Napoli
1872
Londra, The National Gallery

  Johann Martin von Rohden
Tivoli von Westen
1808-1815
Hannover, Landesmuseum

  Adam Elsheimer
Fuga in Egitto (particolare)
1609
Monaco, Alte Pinakothek

  Joseph Mallord William Turner
Il campanile di San Marco e Palazzo Ducale
1819
Londra, Tate Gallery

  Johan Christian Dahl
Dalla finestra, il Castello di Pillnitz a Dresda
1823
Essen, Museum Folkwang

 John Ruskin
Studio di nuvole
1859-60
Oxford, Ashmolean Museum

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