lunedì 23 febbraio 2015

"Poesia contemporanea. Dodicesimo quaderno italiano" di Marcos y Marcos. Intervista agli autori

Librobreve intervista #52

A pochi giorni dall'uscita di Poesia contemporanea. Dodicesimo quaderno italiano, edito sempre da Marcos y Marcos per la cura di Franco Buffoni, ripeto con i nuovi autori selezionati la stessa identica intervista collettiva che feci nel giugno 2012 agli autori inclusi nell'undicesimo quaderno. Volendo, si può così tentare un sinottico sguardo sulle diverse risposte alle domande immutate. Ringrazio gli autori e in particolar modo Alessandro De Santis, per l'aiuto nel coordinamento e nella raccolta dei materiali. Il volume uscirà il prossimo 21 marzo, giornata mondiale della poesia. 


MADDALENA BERGAMIN


La madre è uguale alla figlia
sul fondo lo sfondo urbano, che strano
la madre è uguale alla figlia!
due volte gli stessi capelli
rossi sul fondo urbano
sullo sfondo profondo e quanto...
profondo. La madre e la figlia
sono uguali, hanno casacche
fosforescenti e parlano dietro
la linea gialla, sullo sfondo i treni
dal fondo, i rumori corrotti
i lamenti, i brusii della gente
che sta sullo sfondo. La figlia
è uguale alla madre, (la madre bisbiglia
sorride, la figlia)


LB: Ultimo libro di poesia letto che ha lasciato il segno?
R: Neon 80 di Lidia Riviello.
LB: Quali le primissime letture, i poeti che lasciano continuamente il segno?
R: Leopardi, Baudelaire, Montale ed Eliot sono i primissimi cronologicamente e hanno lasciato il segno. Più recenti, ma con segno altrettanto deciso, Valerio Magrelli e Vito Riviello.
LB: In quale lingua ti piacerebbe veder tradotta una tua poesia?
R: In francese perché abito in Francia, ma mi piacerebbe molto anche il portoghese.
LB: Se dovessi cercare una similitudine per descrivere il tuo rapporto con la metrica e il discorso metrico in generale, quale similitudine adotteresti?
R: Mi immagino una bella ragazza di vent’anni o poco più, seduta in metropolitana con le cuffiette alle orecchie, mentre scandisce il tempo muovendo la testa, le dita o i piedi. Pop.


MARIA BORIO


Appena sopra le notizie io so nomi e persone
come era il labirinto dei vetri, al parco, degli specchi
finché sbattendo trovavi l’uscita.
Perché non ho l’uscita adesso –
si chiama rete,
taglia un quadrato
e un luogo che è ovunque.

O sono il bianco in fondo
al corridoio degli specchi,
inciso di diagonali e metallico
a terra, stretto intorno al corpo
con i neon che facevano indistinti
la pelle e l’aria come un’ombra trasparente
che segue ognuno, ma a voltarsi non c’è.
E lì il pezzo di vecchia moneta,
il cerchio di bronzo con il delfino
era caduto a terra
quando siamo stati vicini all’uscita,
e per non perderla l’abbiamo lasciato.
Lì, esattamente ho creduto
a una lingua per tutti
identica dall’aria agli specchi,
dall’inventore del labirinto alle nostre mani sudate
che proteggevano la fronte:
errore o deviazione,
ma era solidità
sbattere la fronte a volte
prima di arrivare.
E all’uscita del parco il maestro delle crepes,
la breccia in cerchio come la piattaforma scura
dove tiri e peschi
e perdi, e poi le scarpe da ginnastica
sulla breccia e il mese certo

mentre il tempo adesso è filiforme
e i sentimenti certi che tutti possono capire
e vedere nella sola infinita
rete – o, a volte, in equilibrio,
qualcuno che riporta la moneta.


LB: Ultimo libro di poesia letto che ha lasciato il segno?
R:  Gli ultimi libri di poesia che ho letto e su cui ho potuto riflettere con più attenzione sono l'edizione con tutte le opere di Giovanni Raboni e Salva con nome di Antonella Anedda. Ho poi ricevuto, dopo averla aspettata a lungo, un'edizione con le poesie di Wallace Stevens, è stata una sorpresa splendida. 
LB: Quali le primissime letture, i poeti che lasciano continuamente il segno?
R:
Gli strumenti umani e Stella variabile di Vittorio Sereni sono libri che amo. Porto con me anche Eugenio Montale, Wallace Stevens, Anna Achmatova, Michail J. Lermontov, Elizabeth Bishop, Thomas Hardy, Giovanni Raboni, Milo De Angelis, Antonella Anedda, Mario Benedetti.
LB: In quale lingua ti piacerebbe veder tradotta una tua poesia?
R:
Mi piacerebbe che fosse tradotta in inglese, perchè è una lingua a cui sono legata affettivamente, e in spagnolo perchè sento che potrebbe esserci una consonanza per quanto riguarda la pienezza del suono, della parola. Mi affascina anche l'idea di una traduzione in lingue distanti dalla fonetica a cui sono abituata, come l'arabo, le lingue slave o le lingue orientali.
LB: Se dovessi cercare una similitudine per descrivere il tuo rapporto con la metrica e il discorso metrico in generale, quale similitudine adotteresti? 
R:  Il mio rapporto con la metrica potrebbe essere descritto come un'immagine in cui si vede la sabbia che viene riscaldata e plasmata per ottenere il vetro. La lingua manipola la pasta in spirali e intrecci con un gesto veloce, onesto e naturale.


LORENZO CARLUCCI


(senza titolo)

lui viene e va, viene e poi va, è come è sempre.
tu morirai piangendo, per tutte le bugie
per ogni falsità e peccato che hai commesso
lui viene e va, mi svuota il frigo ed esce
io morirò da vecchia in casa e sola
col latte in mano.

apri la porta ed entra: prenditi i mobili
svuota il salone e svuota la cucina
vieni con il tuo amico, amica,
quello col camioncino –
prendi le cose gratis di questa casa vuota.

su questo tavolo ha giocato il mio bambino
ha giocato tra i fiori, a nascondino.

scendi a comprar la droga e poi risali
vieni qui a rantolare
– piastrelle fredde contro le caviglie
fatti una sega steso accanto al muro.

tu morirai piangendo, per tutte le bugie
per ogni falsità e menzogna non svelata
su questo tavolo giocava il mio bambino
a nascondino, dietro le rose rosse.


LB: Ultimo libro di poesia letto che ha lasciato il segno?
R:
Non saprei dire. Lascia un po' tutto il segno. L'ultimo letto è di Virgilio, Georgiche.
LB: Quali le primissime letture, i poeti che lasciano continuamente il segno?
R:
Blake, Lorca, Eliot, Dante, Petrarca, Shakespeare, Rilke, Luzi.
LB: In quale lingua ti piacerebbe veder tradotta una tua poesia?
R:
Inglese.
LB: Se dovessi cercare una similitudine per descrivere il tuo rapporto con la metrica e il discorso metrico in generale, quale similitudine adotteresti?
R: Il mio rapporto con la metrica è simile al rapporto della musica con il sistema tonale o modale.


DIEGO CONTICELLO


Riflessi,
nuovamente piegati
soggiogati buoi/bestie
alla morsa del tempo
al buio come morte.

La distruzione delle cose.

E i nomi lì a rifulgere,
rifiutare di piegarsi,

di nuovo fare luce.


LB: Ultimo libro di poesia letto che ha lasciato il segno?
R: Le terre emerse di Fabio Pusterla, non proprio l’ultimo letto ma senz’altro l’ultimo ad aver lasciato qualcosa.
LB: Quali le primissime letture, i poeti che lasciano continuamente il segno?
R: Certamente Lucio Piccolo, a lungo riletto, studiato, meditato; il primo Montale, fino a La Bufera; infine alcuni semi-dimenticati quanto necessari: Sinigaglia, Orelli, Ripellino e Cattafi (visto che si parla di ‘segni’).
LB: In quale lingua ti piacerebbe veder tradotta una tua poesia?
R: Visto che è già accaduto con i caldi e congeniali suoni ispanici dico l’ungherese: una lingua assai armonica e suggestiva.
LB: Se dovessi cercare una similitudine per descrivere il tuo rapporto con la metrica e il discorso metrico in generale, quale similitudine adotteresti?
R: Un contrappunto, un bordone nella partitura – apparentemente nascosto ma continuo – necessario, sebbene cangiante, a ordire l’armonia generale.


MARCO CORSI



das glück

la felicità è saperti successivo
dove non c’è evoluzione nei corpi
ma solo la materia inerte
di cui ti sei fatto bello
a immagine di un dio solo
senza padre e senza fratelli.

LB: Ultimo libro di poesia letto che ha lasciato il segno?
R: Vorrei non citare proprio un libro di poesia ma un libro che mi ha colpito per la grande affinità con quanto mi sembra essenziale oggi in poesia, ovvero Il secolo di Javier Marías, dove si legge una chiarissima analisi del concetto di eredità, umanissima, a partire dall’immagine essenziale e irriflessa delle acque di un lago su cui si apre il libro.
L’ultimo libro di poesia che ho letto è in realtà il breve mannello intitolato Carte segrete di Scipione, comprensivo dell’apparato di missive dell’artista, e introdotto in maniera fulminante da Amelia Rosselli.
LB: Quali le primissime letture, i poeti che lasciano continuamente il segno?
R: Di sicuro c’è Montale, al primo posto, del quale meccanicamente affiorano spesso certi versi improvvisi, ed è più il Montale delle Occasioni e dei Mottetti che non quello degli Ossi. Poi Ungaretti, Saba, Volponi, la Stella variabile di Vittorio Sereni, Giovanni Giudici, la già citata Amelia Rosselli, le Canzonette mortali di Giovanni Raboni. Ma dovrei citare anche certe altre letture continue come Jolanda Insana, Antonio Porta, Milo De Angelis, Maurizio Cucchi, Valentino Zeichen, Biancamaria Frabotta, Anna Cascella Luciani, Franco Buffoni, Patrizia Cavalli, Patrizia Valduga, senza ordine di merito.
LB: In quale lingua ti piacerebbe veder tradotta una tua poesia?
R: Certamente vorrei che il primo passo fosse mosso verso il francese. Poi da lì attraversare il guado verso lingue e suoni che sento più lontani dal mio impasto fonico, come l’inglese, anche se spesso nella testa mi risuona quello zoccolare duro di certi versi di Sylvia Plath, così familiare alla mia andatura.
LB: Se dovessi cercare una similitudine per descrivere il tuo rapporto con la metrica e il discorso metrico in generale, quale similitudine adotteresti?
R: Non adotterei una similitudine, ma un concetto già ben individuato come quello dello “spazio metrico”, inteso come forma di dettatura-dittatura in cui ci si costringe per forzare la capacità della dizione e delle immagini. Forse potrei usare la metafora del pommander, quel particolare congegno di profumi usato al modo di un keepsake: una memoria ancestrale che diviene ragione emotiva.


ALESSANDRO DE SANTIS


Torre Maura
Ore 10,35. Sguardi ottimisti. Un insolito vento

L’uomo senza braccia
non cerca appigli
l’uomo senza braccia
ha sporte che gli pendono dai lembi
muove il mento
come a voler dire qualcosa
il volto smunto
povero di peli
un tipo biondo lo fissa
segue con lo sguardo
la sua ellittica geometria
un uomo – si sa – esige dei legami
non ha motivo d’essere
quell’albero potato,
senza rami.


LB: Ultimo libro di poesia letto che ha lasciato il segno?
R: Tersa morte di Mario Benedetti e Rovigo del poeta polacco Herbert Zbigniew.
LB: Quali le primissime letture, i poeti che lasciano continuamente il segno?
R: Senza pensarci troppo a lungo: Gli immediati dintorni di Sereni, Leopardi e Montale, alcune cose di Sandro Penna, Carlo Betocchi, Attilio Lolini e Umberto Fiori, Nel magma di Mario Luzi, Millimetri di Milo De Angelis, Cuore – Cieli celesti di Beppe Salvia, Pianissimo di Camillo Sbarbaro e per motivi anche affettivi L’Italia è morta, io sono l’Italia di Aurelio Picca. Ma ricordo anche uno dei primissimi libri di poesia letti: la traduzione dell’Inno a David di Christopher Smart, scovato in biblioteca in solitudine su uno scaffale.
LB: In quale lingua ti piacerebbe veder tradotta una tua poesia?
R: In francese, che è la lingua che conosco meglio, per curiosarne la resa. Ma forse ancor di più in lingua araba, in quanto lingua a me incomprensibile.
LB: Se dovessi cercare una similitudine per descrivere il tuo rapporto con la metrica e il discorso metrico in generale, quale similitudine adotteresti?
R: Per me la metrica è come l’aria per uno scultore.


SAMIR GALAL MOHAMED


«Altro patrimonio, altro capitale
conservato, essendo il poeta
reazionario per definizione.
Altri argomenti, altre prove
nella dottrina dell'autodeterminazione.»

Mai verità mi violentò di più;
scelse il giorno di Natale. Mio padre
era il bambino; mia madre, invece,
volle macchiarsi del sangue
nostro perché ci macchiassimo del suo.
Passarono quasi trent'anni
e tre ladroni e io nel mezzo;
l'età del silenzio precedette
la parola: di chi sono, io,
il successore?

[…]


LB: Ultimo libro di poesia letto che ha lasciato il segno?
R: (Alcuni testi tratti da) Selected Poems, di Vasyl' Stus.
LB: Quali le primissime letture, i poeti che lasciano continuamente il segno?
R: Leopardi, tra le primissime letture; Rilke, invece, un poeta che continua a lasciare un segno.
LB: In quale lingua ti piacerebbe veder tradotta una tua poesia?
R: In arabo o, meglio ancora, in una delle sue tante determinazioni particolari.
LB: Se dovessi cercare una similitudine per descrivere il tuo rapporto con la metrica e il discorso metrico in generale, quale similitudine adotteresti?
R: Ricorrerò a un’immagine mitologica e, più precisamente, al mito di Prometeo: un’aquila che ogni tre funesti giorni dilania un fegato; un fegato che si rinnova gonfiandosi.

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