giovedì 8 maggio 2014

da "Tre bei modi di sfruttare l'aria" di Francesco Balsamo

Una poesia da #37


Ho conosciuto dapprima il versante figurativo di Francesco Balsamo, artista e poeta catanese che sa scegliere titoli bellissimi. Lo potete scoprire anche voi in questo sito. Mi interessano molto i poeti che praticano o hanno praticato una ricerca figurativa o gli artisti che scrivevano e scrivono anche poesia o prosa. (Leggete le poesie di Paul Klee se vi capita, ve ne sono di molto belle, e per stare in Italia penso solo a Emilio Tadini, Toti Scialoja, Filippo De Pisis o Alberto Savinio e spostandosi ancora a Henri Michaux.) E non mi interessa necessariamente scoprire le differenze o trovare le somiglianze tra i due o più versanti del lavoro d'artista, in una caccia che troverei abbastanza insulsa e sterile all'"artista completo". Incontrare un artista significa piuttosto incontrare l'incompleto e le assenze, finanche pensieri che si sottraggono a sé stessi. Mi interessa che esistano persone in ossa e carne che abbiano avuto momenti distinti dedicati alla poesia e altri al disegno, alla pittura, alla grafica o all'illustrazione, alla musica, al cinema. Nei disegni e nelle opere di Francesco Balsamo ho trovato dispiegata, in sofferenza e grazia canicolari, quella sensazione di stare in un caldo sogno che forse porta il nome della sua isola. Quando ho letto, in sessione ravvicinata, Ortografia della neve (Incerti Editori, 2010) e Tre bei modi di sfruttare l'aria (Edizioni Forme Libere, 2013) ho capito come il suo lavoro d'artista figurativo fosse la conferma che non c'è nessuna fretta, ansia o necessità di ravvicinare i versanti del disegno a quelli del disegno con le parole e le lettere, visto che il disegno viene prima e la scrittura è anche disegno (non vale invece l'inverso, io credo).

Vi è nei suoi componimenti una dolcezza mai trattenuta eppure così sanguigna, corrente sottopelle, mai debordante e quasi feroce, come quella che si può impadronire del nostro sguardo in rari momenti di sospensione e interruzione (Tout commence par une interruption scriveva Paul Valéry), e vi è un "odore di diluvio" che non è necessariamente di sola pioggia, ma è di sole, neve, aria e luce, con la sola differenza che qui non siamo, rimbaudianamente, après le déluge ma ci siamo soffermati un attimo prima, frapposti tra l'insistenza di uno sguardo che preme e rovista e un accoglimento di quello che arriva alla mente diluviando, agli occhi e ai sensi tutti deviandoli. In una poesia che mi subito colpito scrive: "di inverni oggi / ne sono passati due, // interni ai muri / come cavi elettrici, // stazioni radio / se accosti l’orecchio - // (se accosti l’orecchio / un muro è un giorno di dio)". Il poeta Giampaolo De Pietro, chiudendo questo volume con la sua nota e riprendendo tra l'altro un filo che riporta al già citato Klee, scrive che "La lacrima (disegno del 1933), ad esempio, potrebbe sembrare un foglio di questo libro, un modo “scelto” di sfruttare l’aria, tra la carta e la parola, il respiro del tracciare e dello sfregolare il tempo, tra una figura e un discorso, che poi fa sempre silenzio, stagione, vegetazione; corpo che scricchiola e preghiera divisa tra due sedie e le spalle. Un ronzio, trottola del fiato che chi scrive ha imparato ad ascoltare, nel sentirsi solo come una mosca in una stanza abitata dall’ora, tra le lancette di una pagina scritta e i piccoli mai delle sillabe. Capita spesso che le figure di Klee si differenzino di poco da ciò che le circonda, ecco, chi scrive sta per confondersi col resto, proprio e circostante. Zone diverse di colore, qui e là. Una rotondità che torna, quasi irride. [...]" (il corsivo è mio). Qui sotto le tre poesie che ho scelto.


i fazzoletti dei calendari,
quelli di chi parte -

in strada il sole su un fianco,
per chi resta -

la brace fredda delle chiavi -
la sonnolenza dei vetri nei vapori -

per chi resta mai si pronuncia
in sottili spiegazioni,

o nell'intesa del viso
con la mano -

-

la casa bene piegata,
le cose ancor prima delle cose,
la vita fino alle ossa

tra la misericordia ghiacciata dei muri
e la comprensione del pavimento,
che regge tutto senza che nulla lo sfiori -

solo chi morde le pietre
sente il batticuore dell'aria

-

ognuno ha una sua mappa nell'abbraccio
una strada premuta come un sasso
la scintilla di una luce spenta
la speranza di un lampione
la tenerezza dei tetti
accanto ai tetti


(Sopra un'opera di Francesco Balsamo: Insonni (part.), 2010/2011, tecnica mista e campanelli su tavola, 103 x 73 cm)

2 commenti:

  1. Grazie Alberto, questo tuo scritto mi piace molto e lo condivido pienamente. francesco b.

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  2. Se un po' ci ho preso in queste righe sono il primo a esserne contento. A.

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