sabato 3 maggio 2014

Alcuni scritti di Antonin Artaud dal periodo di Rodez in "Hitler della razza delle scimmie"

Rodez è un paese della regione Midi-Pirenei dove Artaud fu internato dal 1943 al 1946 dopo il viaggio in Messico tra i Tarahumaras e il rimpatrio con la successiva parentesi irlandese. Questi tre anni cruciali della storia d'Europa, coincidenti con il periodo "de la folie" artaudiana, rappresentano oggi un quarto dell'opera dello scrittore marsigliese (sette su ventotto volumi delle opere complete pubblicate da Gallimard a partire dal 1946 stesso). Hitler della razza delle scimmie. Sulla deportazione e altri scritti è invece un libretto lieve alle braccia di sole 64 pagine (Il melangolo, € 7) e curato da Sergio Crapiz. L'introduzione del curatore è fondamentale per inquadrare questi 4 testi artaudiani nel succitato periodo, anche se il quarto contributo, Il teatro e l'anatomia, tratto dal tomo dei Cahiers du retour à Paris, è già fuori, seppur di pochissimo, dalla cornice di Rodez. Il volumetto pubblicato da Il melangolo offre così al lettore una selezione significativa all'interno del mare grosso degli scritti completi dell'autore de Il teatro e il suo doppio, quattro punti di accesso alla foresta della sua opera completa (anche se, con Zanzotto, non possiamo non registrare un certo disagio nell'applicare il concetto di "opera" alla vicenda artistica artaudiana). Cerchiamo di capire perché, esplorando le motivazioni che hanno portato al montaggio di questi quattro scritti.

A Sonia Mossé, il primo scritto qui raccolto, è significativo in quanto si colloca nel periodo della "conversione" artaudiana al cristianesimo. Questa pittrice, attrice e ballerina ebrea era già stata qualche anno prima destinataria dei sorts di Artaud, vere e proprie lettere-sortilegio apotropaiche inviate a diversi destinatari. Sonia, che come ricorda Crapiz rappresenta una delle "muse massacrate" di Artaud (muse che sembrano appartenere, per dirla con Maurice Blanchot, a l'écriture du désastre) non ricevette mai la lettera in quanto morì nel campo nazista di Majdanek. Il primo scritto serve anche a comprendere le ragioni della titolazione scelta per questo volume. Il secondo testo, intitolato Dai Cahiers di Rodez, porta la significativa data del 2 maggio 1945, giorno del ritrovamento del cadavere di Hitler. La notizia era troppo grande per non passare anche dentro le mura dell'ospedale di Rodez e in questo testo allora Hitler, Stalin e i francesi di Vichy sono radunati come le vere cause del proprio internamento. Significativo il terzo scritto qui raccolto, una lettera a quel Pierre Bousquet che gli fu amico. Anche qui torna l'Hitler del titolo "presentato come una maschera senza volto o marionetta vuota, nome mitologico di una forza magica collettiva che Artaud associa con sarcasmo, sul filo di una etimologia bizzarra, ad origini slave, ceche, moldovalacche". Avvengono qui le insistite identificazioni di Hitler con la cultura rom e con gli zingari perseguitati dagli stessi nazisti.

Il librino si chiude con Il teatro e l'anatomia che ci porta diretti dentro la crudeltà artaudiana. Di questo brevissimo ma concentrato scritto riporto i primi passi:

L'ultima parola sull'uomo non è stata pronunciata. Voglio dire che è necessario sapere se l'uomo continuerà ad avere il naso in mezzo alla faccia o le due narici di questo cranio umano che ci guarda dai tavoli dell'eternità ne avranno abbastanza di fiutare e sgocciolare senza mai poter sentire né credere che contribuiscono al cammino esoterico del pensiero con l'ausilio di due alluci ben appoggiati.
Il teatro non è mai stato concepito per descrivere l'uomo e le sue azioni ma per formare un essere d'uomo che ci permetta di avanzare sulla strada del vivere senza imputridire e senza emanare fetore.
L'uomo moderno imputridisce ed emana fetore perché la sua anatomia è malsana e ha il sesso mal collocato rispetto al cervello nella quadratura dei due piedi.
E il teatro è questa marionetta disarticolata, che musica di tronchi con barbe metalliche di filo spinato ci mantiene in stato di guerra contro l'uomo che ci stringeva nella sua morsa [...].

Ma stiamo ancora qui a chiederci cosa fare dell'autore de I Cenci, dopo il suo rifiuto totale dell'Occidente, dopo il suo primitivismo così salutare, il suo esorcizzare con la magia? No, non è possibile. I conti con Artaud non si chiuderanno mai, questo è chiaro, ma se vogliamo provare a capire come andare oltre il linguaggio, per Artaud dobbiamo passare e ripassare più volte, convergere per molte traiettorie, e non possiamo più nutrire molti dubbi a riguardo.

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