giovedì 7 febbraio 2013

Da "Vanità della mente", da "Il freddo e il crudele" e da "Pertiche"

Una nuova lettura da Pertiche, anche stavolta assieme alle percussioni di Lucio Bonaldo, ma soprattutto un appuntamento con la poesia scritta e letta da altri poeti. Lo segnalo qui. 
Chi parteciperà al pranzo-lettura organizzato da Marco Scarpa e da Macaco Records potrà ascoltare le poesie da Vanità della mente di Gian Mario Villalta e da Il freddo e il crudele di Mary Barbara Tolussogli altri due ospiti dell'incontro.


Domenica 10 Febbraio
Incontro-pranzo di poesia 
ore 12.30
Gian Mario Villalta, Mary Barbara Tolusso, Alberto Cellotto
Fattoria Rio Selva, Preganziol, Treviso

Obbligo di prenotazione

Per info e prenotazioni
alberto@macacorecords.com, marcoscarpa1982@yahoo.it
Info utili sull'evento e indicazioni stradali cliccando qui.


da Vanità della mente di Gian Mario Villalta



L’INVASO

Odore di cenere bagnata e terra
fino a quando, entrando, ci assale
il dolce chimico dei miasmi.
Un posto ripudiato, come il resto:
alle tre è buio fuori, colore asfalto
gli alberi, il cielo, le mani unte e gelate
mostrano in alto, dove la copertura
è divelta, appiccicate alle travi
migliaia di api unte e gelate.
In sacchi neri, squarciati, abiti,
resti di scatolame, vetri. Cosa cerchiamo qui?
Con bastoni ammucchiamo aghi
di pino, marce schegge di rami
per camminare fino al dirupo,
prima di andarcene.

-

Si poteva fare strage di animali selvatici
in quei giorni, mentre l’acqua saliva.
Ma le creature più lente, le bestiole della zolla
e degli alberi, restavano con le case
e le masserizie abbandonate dov’erano.
Anche Guerrino e la Bianca - si dice, aggiungendo
che è una leggenda - erano creature lente,
erano arredamento che non ci poteva stare
in un’altra casa, arnesi inutili altrove.

-

Entrò dalla penombra
con un vitello in braccio,
grondanti, anche l’animale, e più pallidi
dei muri, che per un istante abbiamo pensato
fosse venuto su dalla vecchia strada interrotta
che scende, opalescente, sotto l’acqua.
Ma eravamo noi i clandestini, nella stalla,
entrati per cercare riparo
e poi assuefatti al tepore, alla luce gialla dei neon.
Nella cucina fredda, dopo, non potendo rifiutare l’offerta
di un vino da poco, parlavamo troppo forte,
per non sentire le voci che sussurravano nella pioggia.

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da Il freddo e il crudele di Mary Barbara Tolusso


CASE A RINGHIERA
                            Penso alla semplicità dei giorni
                            al sorriso degli architetti

I
Ora le comprano gli ingegneri le botteghe
umide di una febbre da piccioni. Pareti
che di notte ti portano da uno che preme
un interruttore, dall’altro che fa cadere
una chiave. Ma puoi vedere le rovine
del mercato, di notte, riscattarti dal sonno,
spiare quello con la scopa in mano, che guarda
a terra, per cancellare i rifiuti.

II
Sono indebitata fino al collo. Sì, succede
spesso. Sì, è sempre stato così. Sogno
con fatica di morire, ma questa
morte qui, con i corpi protesi e scomodi
e l’agente immobiliare, è una versione
migliore, una fine che gode
di naturali precedenze. L’altra
non s’intende di scherzi. Non manca
di guastarci o far cadere un moscerino
in volo. La cosa più astuta, si capisce,
è valutare un prestito come fosse una cosa
seria e la scritta «Vendesi bilocale»
un’epigrafe pazza, adeguata.

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