martedì 7 agosto 2012

Il mistero di Marilyn Monroe a cinquant'anni dalla morte. Il brevissimo libro di Mario Andrea Rigoni

Cercherò di evitare il cattivissimo gusto della recensione più lunga del libro, o comunque spoporzionata, perché con Marilyn Monroe di Mario Andrea Rigoni (La Scuola di Pitagora editrice, pp. 16, euro 2) siamo ai limiti del concetto libro, proprio a causa di quella brevità che in questo blog è assunta a incipit, nome, spunto. Eppure, pur nella brevità, sono molte le acque mosse da queste poche pagine, ospitate dentro una collana, Feuilles détachées, che rappresenta una colonna importante del catalogo di questo interessantissimo editore napoletano. Mezzo secolo è trascorso dalla morte di Marilyn Monroe, avvenuta a 36 anni nell'agosto del 1962. La copertina del libretto ritrae Marilyn alle prese con la lettura di un libro. In fin dei conti, è proprio di lettura che qui si parla. Non è certo compito nostro ribadire la grande intelligenza e sensibilità della poliedrica artista californiana, alimentarne il mito, un mito che come tutti i miti è contenitore di pulsioni collettive le più disparate. Colpisce, nel breve ritratto dello scrittore di Asiago, in passato sovente a suo agio tra Cioran e Leopardi, l'apertura alle letture di Marilyn Monroe e la capacità di agire in quegli spazi lasciati liberi dalla vulgata ufficiale: ad esempio la lettrice di Hilda Doolittle, Marianne Moore o Elizabeth Bishop, cioè del lascito più importante della poesia americana del secolo scorso (e presto accurata attenzione a non scrivere "poesia femminile americana del secolo scorso").

In questa manciata di pagine possiamo avvicinare il mito di Marilyn silenziosamente, nell'incedere sicuro e talvolta un po' apodittico di un breve scritto. Il 5 agosto del 1962 l'attrice-mito si spegneva in circostanze ancora misteriose. In questi tempi, in questo stesso agosto, si stanno rincorrendo mostre e pubblicazioni importanti e "di grido", come il volume di Contrasto Marilyn & Magnum. Ben vengano però illuminazioni nuove, come questa, dove, lontanissima dagli stilemi che potrebbero ricondurre a un novello Roland Barthes alle prese con l'ennesimo mito d'oggi, viene restituita l'integrità del mito-corpo di Marilyn. Mito fatto anche di lettura, di letture, di corpo di testi. Allora diventa quasi un'inspospettabile promozione alla lettura questo libretto da posizionare vicino ai registratori di cassa come un fast moving good di cioccolato, con quella copertina così diretta, a ritrarre l'attrice assorta nell'atto di leggere. Rigoni non crea un contro-mito della diva accennando alle sue passioni cartacee e segrete per Joyce o Rilke o per le poetesse già citate sopra. Lo scrittore vicentino prova piuttosto a scrostare un'icona troppo spesso sacrificata sull'altare squallido delle semplificazioni. In breve, mi sembra un tentativo valido e riuscito. E pensare che un maestro delle icone e delle semplificazioni come Andy Warhol aveva ritratto Marilyn di così tanti colori... perché non ci aveva pensato nessun altro, prima di Rigoni, a tratteggiare la Monroe così? E poi, strano davvero: Rigoni, da Leopardi a Marilyn. Dà quasi da pensare...

Nessun commento:

Posta un commento