sabato 7 aprile 2012

da "Pasque", di Andrea Zanzotto

Una poesia da #2



Tra la raccolta che lo consacra, La beltà del 1968 (pensate anche al dato cronologico dell'anno se vi capita di leggere questa raccolta), e la trilogia che lo consolida, composta da Il Galateo in bosco (1978), Fosfeni (1983) e Idioma (1986), Zanzotto infila un'altra trilogia (forse meno studiata e meno evidente) i cui vertici sono costituiti dal poemetto post-allunaggio Gli Sguardi i Fatti e Senhal di un anno successivo a La beltà, Pasque del 1973 e il felliniano Filò (1976). 


Recentemente è uscito l'Oscar Mondodori Tutte le poesie. Si tratta di un libro perfetto sia per chi vuole avvicinare Zanzotto sia per chi l'ha già avvicinato. Non temete in un doppione se magari avete le singole raccolte o il Meridiano. Attraversare Zanzotto in un'edizione pratica come questa ha un suo fascino, saltare da Vocativo a Meteo magari... Perché? La prefazione di Stefano Dal Bianco è un passo fondamentale della recente critica (anche se concorderete che dopo L'eutanasia della critica descritta da Lavagetto si fa sempre più fatica a usare il termine critica con disinvoltura). Interessante ad esempio quando Dal Bianco segnala di Pasque la vicinanza al Montale coevo di Satura, con il rimando al saggio di Zanzotto su Montale Sviluppo di una situazione montaliana (Escatologia-Scatologia). Domani è Pasqua. Allora vi propongo questa.


D'UN FIATO



Il cappuccino o altra simile bevanda,
bumba non ghiotta, ma bevanda.
Occupi tutta l'area il campo
dell'apparato egoico minacciato!
Lavarlo quetarlo nel cappuccino
o limonè: abboccato buono!
Sorbire lenti, il vacuo
se ne avvantaggia, la nessuna
sostanza, il nessun sostrato;
lo spiegherà tutto d'un fiato
miss psicotricot psicorammendo,
l'offre in grosse partite il mercato,
sbroglia dai soriti del tremendo. E intanto
piante e sole e primavera attaccano,
attivissime in amori acupunture
vita-mors mors-vita, varietà
di sistemi echi premi. Primavera
in cui ben sai ben sai
la privata iniziativa più che mai
inizia, è privata, sé con sé
punge, è in amore è un amore, mellita.
«Sii dunque un mellito te stesso; godi del cappuccino;
iniziativo, inìziati» così
la fräulein si vocalizza usignuolizza in inviti
(e lui Leary Burroughs e Michaux
nel fossato butta via butta giù
barbume barbume che non ci sta più;
ritto impettito egli s'accinge a be'
bumba bon-abboccato sotto il sole che
monda e inonda. Ed egli farà
anzi sarà: domani: sarà-domani il che in cui
∞ s'industria s'appunta
s'affissa si ficca farà
carriera. Anzi lo è.)
MISS - «Né sciarade né gabbiose formule di struttura:
     salite salite- scendete scendete
     salatevi insalubritevi inzuccheritevi
     un poco qui con me?»
----- «Garson, un cappuccino, silvuplè»

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