venerdì 19 agosto 2011

Stregati da "Storia della mia gente" di Nesi












Molti sapranno che Edoardo Nesi si è recentemente aggiudicato il premio Strega 2011 con un libro molto bello che si intitola semplicemente Storia della mia gente (Bompiani, pp. 161 - con interlinea ampia -, euro 14). Nesi scrive di Prato, la sua città, della sua gente appunto, ci racconta dell'azienda tessile di famiglia (il libro inizia proprio con l'atto di vendita della storica azienda Lanificio T.O. Nesi e figli), della grande tradizione tessile pratese, dell'arrivo e dell'insediamento della comunità cinese in città, dell'Italia del boom e, oggi, di quello che è fin troppo dilettantesco definire sboom. Basta tutto questo a rendere il libro interessante, avvincente? No, perché Storia della mia gente, come tutti i grandi libri delle ultime stagioni, e come hanno capito bene le tante persone che l'hanno già letto, si presenta al lettore con un bagaglio di temi forti e lo fa senza ricorrere esclusivamente alle chiavi della fiction, della saggistica socio-economica o del pamphlet. Il fortunato libro di Edoardo Nesi assomma tutto questo, ma si supera, in uno slancio che riesce a restituire alla letteratura una posizione di primo piano: una vicenda così non ce l'avrebbe raccontata meglio un romanzo, un saggio o un pamphlet incazzato, una fiction televisiva (anche se posso immaginare che prima o poi arriverà qualche fiction su quella che Gallino definiva La scomparsa dell'Italia industriale).

E qui veniamo al cuore del libro di Nesi, che da (ex) industriale ci conduce dritto al  problema: vogliamo parlare di industria seriamente e sul serio? Vogliamo fare un dibattito serio che esca dall'andazzo dei talkshow politico-economici della prima serata? Vogliamo finanche parlare di un binomio un tempo di moda, come quello di letteratura e industria, senza dover per forza scomodare sempre Adriano Olivetti e la sua Ivrea? Vogliamo che anche i precari del lavoro intellettuale (sono tanti e sono precari come tanti lavoratori di quello che resta dell'industria) che ingolfano non di rado lo pseudodibattito sulle patrie lettere comincino a capire qualcosa di quell'altro lato della luna di cui raramente si sono interessati e che li riguarda però da vicino? Sì, l'industria, quell'industria che fanno tanta ma proprio tanta fatica a seguire, a capire.

Il premio Strega (per chi ci crede ai premi) vale ovviamente meglio di qualsiasi altro consiglio, ma mi sento davvero di caldeggiare largamente la lettura di questo libro importante, scritto con profonda cognizione. Forse qualcuno, con piglio un po' tecnico, potrebbe obbiettare che il settore tessile che Nesi conosce approfonditamente sia sempre stato un settore un po' atipico all'interno dell'industria globalmente intesa, il settore delle innovazioni e il settore-spia delle grosse crisi. Ma nel libro di Nesi c'è davvero molto di più: c'è un tentativo di autodescrizione della situazione sociale e economica che coinvolge larga parte dei soggetti attivi del nostro paese, ma soprattutto c'è il tentativo di far evolvere questa autodescrizione compiuta con i mezzi del testo e della letteratura e farla evolvere o più semplicemente "svolgere fino in fondo". Nella descrizione della catastrofe in atto che l'autore mette in scena (e provo a usare questo termine con il suo significato originario, privo di connotazione negativa) è come se rileggesse la Poetica di Aristotele e provasse a "svolgere sino in fondo" l'intreccio del suo racconto per capire - lui sì - il destino del suo protagonista tragico: l'imprenditore, quel che Nesi stesso è stato, anche se per un semplice passaggio generazionale all'interno della famiglia, una figura quant'altre mai romantica, a sua detta.

Diamogli ascolto, e che nasca da questo fortunato libro un dibattito vero. Alcune ricette già ci sono per non continuare a trasformare l'Italia in una colonia industriale. Il già citato Gallino ne esponeva alcune, i noti errori strategici nella vicenda Olivetti sono lì che ci parlano. Purtroppo, in questi mesi, drogati come siamo dal lessico finanziario e dei suoi pazzeschi acronimi, sarà difficile riprendere queste fondamentali discussioni e saremo così costretti ad aspettare un altro bel pezzo.

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