lunedì 14 marzo 2016

Tre poesie di Primož Čučnik nella traduzione di Michele Obit

 
Accanto ai ratti di "al cor gentil ratto s'apprende" con le loro poesie inedite, compare un altro animale per nominare uno spazio dove si ospitano traduzioni di poesia: lo stregatto o Gatto del Cheshire di Lewis Carroll. Ratti e stregatti, insomma. Adotterò pregiudiziali e faziosi criteri per vagliare proposte di traduzioni, anche nei casi di lingue totalmente sconosciute come russo, coreano o giapponese (insomma, mi baserò su un traballante concetto di fiducia). Il gatto qui sopra è un particolare del dipinto "San Girolamo nello studio" di Antonello da Messina. Al di là delle molteplici simbologie e caratterizzazioni dei gatti, da Antonello a Carroll (Dante non è tornato utile stavolta perché un po' li snobba), qui proviamo a stregarvi con nuove traduzioni facendo le fusa. L'augurio è incoraggiare la traduzione poetica che un po' latita, anche nelle generazioni più giovani, e che qualche stregatto un giorno possa precipitare altrove, anche in un libro se capita.


Pubblico di seguito tre poesie di Primož Čučnik (Ljubljana, 1971) nella traduzione di Michele Obit. Li ringrazio entrambi. Sotto troverete una breve nota del traduttore.


I VECCHI MUOIONO PIÙ GIOVANI


Quale senso ha per te, quale per me
l’aria che respiro, e/o l’acqua che bevo,
e/o la lingua che parlo, e posso continuare?
Così camminavo nel bosco, dove spiccano la felce
ed i cespuglio di mirtilli, là avevi
camminato anche tu, un tempo, forse avrai fatto caso
alle stesse incisioni nel taglio dei tronchi, al muschio sul lato esatto.
A tutti coloro che incontravo ho proposto
di parlare la mia lingua; ma in realtà non ve n’erano molti,
sui marciapiedi rotti ho scorto solo dei rami.
Leggero e sottile ero, quasi una foglia, quasi un sentimento
annacquato, quasi un’antera sparpagliata,
un’altra natura. Senza un senso messo in mostra,
senza preavviso. Una scritta strana sulla tua fronte,
bolle di sapone dei sorrisi dalle labbra,
rastrelliere rotte e granai colmi di attrezzi da giocoliere,
li usavi abilmente. In questo traffico confuso
è meglio rimanere giovani, agli occhi degli altri
e nel proprio bosco incantato. Con occhi altrui,
in un’altra natura che a volte ti esclude,
poi prende un’altra direzione, quella dove ti decidi per queste due parole
in una stanza silenziosa, silenziosa sino a che non cominciano a parlare
e/o a suonare un violino vaporoso,
i sussulti di corde amare.
 

VARIAZIONI SU APORIE, STRADE E VOCI

più di uno, occorre
che le parli più di uno...
JACQUES DERRIDA

più di uno, occorre che le parli più di uno
ripeto, per questo servono più voci
ha piovuto tutto il giorno, il sole avanza ancora sulla facciata
quando lei dice: a voi va bene, voi potete saltare, ragazzi

ripeto, per questo servono più voci
come se fosse una prova generale, davanti ad una sala vuota
quando lei dice: a voi va bene, voi potete saltare, ragazzi
più a lungo di quanto è ragionevolmente concesso

come se fosse una prova generale, davanti ad una sala vuota
dio si preoccupa per le cure mediche urgenti
più a lungo di quanto è ragionevolmente concesso
non fraintendetemi, è sempre impenetrabile

dio si preoccupa per le cure mediche urgenti
quando il medico è ancora a metà strada, avvolto in una tormenta di neve
non fraintendetemi, è sempre impenetrabile
solo non essere come gli altri e sarai sempre in un deserto

quando il medico è ancora a metà strada, avvolto in una tormenta di neve
o quando oltrepassa la porta, la vede già guarita
solo non essere come gli altri e sarai sempre in un deserto
questo devi scriverlo, pur se non conviene

o quando oltrepassa la porta, la vede già guarita
qualcosa succede per la strada, per tutto il viaggio qualcuno pregava
questo devi scriverlo, pur se non conviene
devi essere stata tu a non chiudere la porta

qualcosa succede per la strada, per tutto il viaggio qualcuno pregava
anche quando facciamo ritorno, è spalancata
devi essere stata tu a non chiudere la porta
la solitudine è necessaria, non so a chi si potrebbe negarlo

anche quando facciamo ritorno, è spalancata
il caldo ronzava attraverso il lucernario
la solitudine è necessaria, non so a chi si potrebbe negarlo
anche se di questo non si parla e non ci si vanta

il caldo ronzava attraverso il lucernario
ti lascia continuamente, ma non se ne va da te
anche se di questo non si parla e non ci si vanta
davvero non vi è morte senza vita, e viceversa
 
ti lascia continuamente, ma non se ne va da te
più di uno, occorre che le parli più di uno
davvero non vi è morte senza vita, e viceversa
ha piovuto tutto il giorno, il sole avanza ancora sulla facciata
 

DUE FRAMMENTI


1


Nessuno ricordava nulla.
Orologi da taschino sulle bancarelle, forchette e coltelli usati,
cornici di poco valore, vetro e metallo...
tutta questa cianfrusaglia, sa.
Com’è vedersi nelle lenti di grandi occhiali
o almeno negli specchietti – specchio dimmi
chi in queste lande
ha comprato tutti i cucchiaini da te.

Per questo le cose più belle,
più vicine a ciò che ci circonda ed al mondo,
preferisco portarle in discarica che al mercato delle pulci.
Là forse qualcuno le prenderà
e sfrutterà meglio. Finalmente mi vedrò visibile.
Un paio di stelle nasceranno ed i lampioni.
Tutti, tranne quelli fulminati.
Instabile è la mia condizione.


2


Ma anche questo sarà come un magnete.
Le bancarelle stanno sotto gli ombrelli per via della pioggia.
Preferirei ascoltarmi che vedermi,
preferirei ascoltarmi ascoltato.
Così sussurrano i sussurri
del mondo sussurrante – sibili e  fruscii
più vicini a ciò che ci circonda.
Instabile è la nostra situazione.

Preferirei non badarvi.
In quel tu, che scrive,
diventare ciò che solo si dice.
Perché poi nessuno ricordava nulla.
Tutto era già stato. La cianfrusaglia sa come va con gli oggetti.
Gli oggetti sono qui per l’oggettività.
Per vedersi così come dico:
onda oppure vento – una esplode, l’altro affonda.








STARI LJUDJE UMIRAJO MLAJŠI


Kaj tebi pomeni to, kar meni pomeni
zrak, ki ga diham, in/ali voda, ki jo pijem,
in/ali jezik, ki ga govorim, in tako naprej?
Tako sem se sprehajal skozi gozd, kjer sta poganjala
praprot in borovničevo grmičje, tam si se
sprehajal tudi ti, nekoč, mogoče si opazoval
iste zareze na deblih zasek, mah v pravi smeri.
Vsakomur, ki sem ga srečal, sem predlagal,
naj govori moj jezik; pa jih v resnici ji bilo veliko,
na strtih pločnikih sem samo oplazil nekaj vej.
Bil sem lahek in tenak, skoraj list, skoraj razvodenelo
čustvo, skoraj razsuta prašnica,
drugačna narava. Brez izpostavljenega smisla,
brez svarila. Čuden tekst na tvojem čelu,
milni mehurčki nasmehov z ustnic,
podrti kozolci in kašče, polne žonglerskih rekvizitov,
tvoja spretnost. V tem zmedenem prometu
je bolje ostati mlad, v očeh drugih
in v svojem začaranem gozdu. Z očmi drugih,
v drugačni naravi, ki ti včasih pusti zraven,
potem pa steče v drugo smer, kjer se odločiš za teh par besed
v tihi sobi, ki je tiha, dokler ne spregovorijo
in/ali zaigrajo na izparelo violino,
trzaje grenkih strun. 



VARIACIJA NA APORIJE, POTI IN GLASOVE
več kot eden, nujno je,
da jih govori več kot eden ...
JACQUES DERRIDA

več kot eden, nujno je, da jih govori več kot eden
ponavljam, za to je potrebnih več glasov
ves dan dežuje, sonce se šele prebija na fasadi
ko ona pravi: vam je dobro, ker lahko skačete, fantje
 
ponavljam, za to je potrebnih več glasov
kot da bi šlo za generalko, pred prazno dvorano
ko ona pravi: vam je dobro, ker lahko skačete, fantje
dlje od tistega, kar je razumno dovoljeno
 
kot da bi šlo za generalko, pred prazno dvorano
bog poskrbi za nujno zdravniško oskrbo
dlje od tistega, kar je razumno dovoljeno
ne razumite me narobe, še vedno je skrivnosten
 
bog poskrbi za nujno zdravniško oskrbo
ko je zdravnik šele na pol poti, zavit v snežni metež
ne razumite me narobe, še vedno je skrivnosten
samo ne bodi tak kot drugi in povsod boš v puščavi
 
ko je zdravnik šele na pol poti, zavit v snežni metež
ali ko stopi skozi vrata, jo zagleda že ozdravljeno
samo ne bodi tak kot drugi in povsod boš v puščavi
to moraš zapisati, čeprav je neustrezno
 
ali ko stopi skozi vrata, jo zagleda že ozdravljeno
nekaj se zgodi na poti, vso pot je nekdo molil
to moraš zapisati, čeprav je neustrezno
najbrž si ti pustila nezaprta vrata
 
nekaj se zgodi na poti, vso pot je nekdo molil
tudi ko se vrnemo, je na stežaj odprto
najbrž si ti pustila nezaprta vrata
samota je potrebna, ne vem, čemu bi to tajili
 
tudi ko se vrnemo, je na stežaj odprto
toplota je bučala skozi strešno okno
samota je potrebna, ne vem, čemu bi to tajili
čeprav se tega ne omenja in ne hvali
 
toplota je bučala skozi strešno okno
nenehno te zapušča, ne da bi odšla od tebe
čeprav se tega ne omenja in ne hvali
zares ni smrti brez življenja in narobe
 
nenehno te zapušča, ne da bi odšla od tebe
več kot eden, nujno je, da jih govori več kot eden
zares ni smrti brez življenja in narobe
ves dan dežuje, sonce se šele prebija na fasadi
 

 
DVA FRAGMENTA



1


Nihče se ni ničesar spomnil.
Žepne ure na stojnicah, stare vilice in noži,
malovredni okvirji, steklenina in kovina ...
vsa ta krama, ve.
Kako se je videti v večjih špeglih
ali vsaj v ogledalcih – ogledalcih povej,
kdo je v tej deželi
kupil vse čajne žličke in žličice.
 
Zato bom najlepše reči
bližnje okolice in sveta,
raje odnesel v smeti kot na bolšjaka.
Od tam jih bo mogoče kdo pobral
in unovčil bolje. Končno se bom videl videnega.
Par zvezd bo vzšlo in ulične svetilke.
Vse, razen pregorelih.
Nestabilna je moja kondicija.
 
 
2

 
Ampak tudi to bo kot magnet.
Stojnice so pod dežniki zaradi dežja.
Raje bi se slišal kot videl,
raje bi se slišal slišanega.
Tako šumijo šumi
šumečega sveta – sičniki in šumniki
bližnje okolice.
Nestabilna je naša situacija.
 
Najraje pa bi se preslišal.
V tistem ti, ki piše,
postati, kar se samo govori.
Saj se ni nihče ničesar spomnil.
Vse je že bilo. Krama ve, kako in kaj s stvarmi. 
Stvari so tu zaradi stvarnosti.
Da bi se uzrl takšnega kot pravim:
val ali veter – ta raznese, tisti potopi.



Una nota di Michele Obit

Queste tre poesie sono tratte da ‘Trilogija’, raccolta poetica di Primož Cučnik pubblicata nel 2015 dalla casa editrice Lud Literatura di Lubiana che raccoglie i versi di tre libri precedentemente editi: Nova okna (Nuove finestre) del 2005, Delo in dom (Casa e lavoro) del 2007 e Kot dar (Come un dono) del 2010.
Primož Čučnik è nato nel 1971 a Lubiana, dove si è laureato in filosofia e sociologia della cultura. La sua prima raccolta Dve zimi nel 1999 ha ottenuto il premio come miglior libro esordiente in Slovenia. I suoi successivi libri sono stati: Ritem v rokah (2002), Oda na manhatanski aveniji (2003, assieme a Gregor Podlogar e Žiga Kariž), Akordi (2004), Nova okna (2005), Sekira v medu (2006) e Delo in dom (2007). A Cracovia, presso la casa editrice Zielona sowa, nel 2002 è uscita una sua miscellanea intitolata Zapach herbaty. Sue poesie sono state pubblicate nell’antologia A Fine Line: New Poetry from Eastern & Central Europe. Traduce dal polacco e dall’inglese. Scrive in oltre critiche letterarie e saggi ed è redattore della rivista Literatura nonché fondatore e redattore della casa editrice di tascabili Šerpa.

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