mercoledì 1 aprile 2015

da "dove mente il fiume" di Daniele Bellomi

Una poesia da #49


Pubblico di seguito una poesia tratta da dove mente il fiume di Daniele Bellomi (Prufrock spa, pp. 80, euro 12, copertina di Roberta Durante). L'autore, nato a Monza nel 1988, ha consegnato alle poesie e alle prose finali di questo libro una proposta risoluta di lirica. Categorie come sperimentazione forse non dicono più di tanto, in poesia come in musica o altrove. Se ci accontentiamo di pensare la musica di Edgard Varèse come "sperimentazione" ci perdiamo l'altra faccia della luna. Ogni tentativo di scrittura, poetica ma non solo, è sperimentazione e allo stesso tempo un'orazione nei solchi e nei mucchietti di foglie della tradizione. "dove mente il fiume, un fiume qualsiasi direbbe cose da dire, cose che andrebbero parlate e dette e riferite solo e soltanto dove mente un fiume, perché le cose da dire, non solo quando un fiume mente, ma anche quando è fermo, e pare quasi non si muova, andrebbero parlate e dette solo nel caso in cui il fiume stesso abbia deciso di mentire. [...]" Una delle migliori definizioni di segno che ho trattenuto dalla lettura del Trattato di semiotica generale è "tutto ciò che può essere usato per mentire". Senza essere troppo manganelliani, la menzogna ci può portare oltre quello che già sappiamo e questo potrebbe provare a fare la poesia. Vedete, a me sembra che spesso le poesie che "piacciono" o "funzionano" siano quelle che confermano qualcosa, una credenza, una percezione, uno sguardo, un taglio di luce. Più passa il tempo, più mi accorgo che questo è solo il punto di partenza, di più mi interessa se un testo, partendo anche da un terreno comune che non può che essere, per forza, un terrain vague, mi porta oltre, mi trasporta, come mi capita leggendo, ad esempio, "quando un fiume mente la luce appare quasi disboscata, frana, percorre il proprio moto, quasi come niente fosse, quasi come niente stesse per mentire." Il tentativo che mette in morsa questo volume, sia in poesia che in prosa, è comunque più sfaccettato, duale, com'è il rapporto tra fiume e alveo, nel fondo contraddistinto da una convizione (eraclitea) che la strada in salita e in discesa è una sola e la stessa, illuminata da una luce che è "passatempo o egemonia".


dispose


parte la guerra dentro un margine di fuga, per dove manca,
sarà forse il marker del sangue che non c'era prima, preso
dentro a fare sfogo di se stesso. prendono a non guardare
più nel primer dello specchio: quello che resta è solo guerra
quando se ne andranno, pregando che tutto sia finzione,
disposti al ritiro degli assalti laterali. hanno una funzione:
arrivano diretti alle sorgenti radio, al solo prezzo reso
ormai possibile. passerà, dalla capienza al taglio netto
col presente; passerà, se dai terreni di coltura provano
il rilascio dei batteri, battery, catalizzando i resti dove
niente potrà essere di nuovo; passerà: circonderanno
le pianure per emettere un segnale, conosceranno
meglio la condensa dei campi, la frequenza dei carri,
ed archi, arches, protesi a fare voti irradieranno punti
vitali e non dissimili da gabbie, gathering. passerà, come
una spiegazione a caro prezzo, verrà per liberarci
di ogni cosa. funziona, per impulso, in ogni storia.

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