sabato 18 ottobre 2014

Salvateli dalle rievocazioni storiche (della Grande Guerra e non solo)

Libri brevi che mi piacerebbe scrivere o trovare #4

In questo spazio così titolato provo, di tanto in tanto, a fermare pensieri che mi vengono spesso su libretti che mi piacerebbe scrivere se avessi capacità, tempo, spazi o persino, ancora più presuntuosamente, un committente. Oppure, meglio ancora, librini che vorrei trovare già scritti brillantemente da altri. Libri piccoli, che provino ad affrontare temi o autori che già hanno una bibliografia, ma con la voglia di provare a dire cose nuove, magari correndo qualche rischio. Non occorre scrivere tanto, pensate a certi articoli filosofici brevissimi, a come hanno cambiato tutto. Scrivendone così brevemente qui, mi faccio passare l'idea di intraprendere tortuosi percorsi inconcludenti.

Mi auguro avvenga presto qualcosa, di certo non una disgrazia, ma magari che qualcuno più in vista prenda la parola e punti il dito con severità, insomma che avvenga qualcosa che faccia aprire gli occhi davanti al grande escremento concettuale, etico ed epistemologico rappresentato dalle "rievocazioni storiche". L'altro giorno avevo davanti un quotidiano autorevole che riportava l'ennesimo programma dedicato alle celebrazioni per il centenario della Grande Guerra e leggevo nientepopodimeno dell'esistenza di un comitato per le rievocazioni storiche. Non ci volevo credere. Spero ci rendiamo presto conto che siamo oltre la decenza, prossimi allo schifo. Per iniziare prendiamo soltanto la stoltezza dell'espressione "rievocazione storica": la storia non si può certo rievocare e poi, ammettendo anche che sia rievocabile, che ce ne facciamo della rievocazione così come è pensata oggi, ovvero all'incirca come una sagra paesana più o meno sofisticata? Viaggiamo nel tempo? Impariamo? Capiamo? Per favore. Questo è soltanto un punto. Inoltre non possiamo credere di comprendere a partire da un manipolo di mascheranti che giocano a sfilare o a far la guerra, mondiale o napoleonica che sia. Queste rievocazioni rappresentano chiaramente l'insinuarsi di un germe di rincoglionimento acuto nei programmi dedicati al centenario e c'era da aspettarselo. Lo stesso cinema, che in fondo presenta mezzi ben più potenti e raffinati di quelli messi in opera da questi raffazzonati comitati di rievocazioni, non è riuscito a fare un buon lavoro a partire dal grande romanzo di Lussu, pur essendo Uomini contro un buon film e Francesco Rosi il regista che tutti sappiamo. Molto meglio una poesia di Rebora come storiografia o il diario di Don Giovanni Minzoni.

Racconterò un aneddoto, perché credo aggiunga qualcosa su queste rievocazioni, sul loro essere nocive a tutti i livelli. Nel mio aneddoto siamo ad un livello locale, ma temo che passando al livello nazionale le cose possano solo peggiorare. In occasione del novantesimo anniversario della fine della Prima guerra mondiale, in un lembo di greto del Piave vicino a dove abito, si tenne una di queste rievocazioni storiche, organizzata molto selvaggiamente ma con una quasi commovente profusione d'impegno, con tanto di scoppio di mine, di certo non potenti come quelle impiegate all'epoca (ma pur sempre esplosivo), finte trincee, fumi, soldati ovviamente in divisa, urla durante il finto assalto. Ero di passaggio e mi fermai a osservare. Allo scoppio di una di queste piccole mine posta in una pozza d'acqua (in modo da fare scenograficamente più schizzi) un sasso bagnato di medie dimensioni ma sufficiente a far male e forse a uccidere qualcuno è schizzato e si è schiantato sullo schienale di un passeggino dove fortunatamente non era seduto alcun bambino. Tutti quelli attorno al passeggino si guardarono sugli occhi un po' sgomenti, compresi i genitori del bambino utilizzatore del passeggino che stava in braccio loro; poi tutti ripresero comunque a guardare più o meno divertiti l'assalto alla trincea nemica. Si sa che le disgrazie possono accadere continuamente. Ma fosse successa una disgrazia in quel caso che cosa sarebbe successo? L'opinione pubblica avrebbe giustificato tutto come si fa con le tragedie che avvengono nei campi degli scout che costruiscono le loro palafitte per la notte su un torrente, corso d'acqua notoriamente soggetto a piene improvvise e con una forte pendenza dell'alveo? Nel grande fiume di libri che ricordano questo anniversario della guerra che ha cambiato per sempre la faccia al mondo, qualcuno scriva un libretto agile e tagliente sulla pioggia escrementizia di tutte le rievocazioni storiche, lo si dica alla televisione, alla radio, dappertutto. Non se ne può più. Nessuno provi a dire che servono a qualcosa: le rievocazioni storiche, così come sono organizzate oggi, sono sovente un precipitato della stupidità umana.

3 commenti:

  1. Ciao Alberto. Condivido il senso generale dell'articolo, ma quando parli ad esempio degli scout tu equipari le loro "avventure" e il loro rischio a quelle di certi alpinisti? Vorrei sapere questo.

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    1. Mai avvicinerei alpinismo e scoutismo e i loro veri o presunti spiriti. Troppo diversi i loro presupposti, i punti di partenza e arrivo. Il rischio grosso poi è di andare fuori tema. Se ti riferisci al senso di avventura e percezione del rischio siamo su due mondi lontanissimi, incomparabili anche per le diverse consapevolezze che mettono in opera. E anche se pure l'alpinismo sta conoscendo delle derive inquietanti frutto della presenza sempre più aggressiva degli sponsor/brand nel suo panorama (ma allora in questi casi l'alpinismo diventa simile al lavoro in miniera, cambia solo la direzione sulla verticale), è ancora lontano dai livelli storicamente preoccupanti raggiunti da certo scoutismo, almeno mi pare e lo spero. Ma mi tocca avvicinare alpinisti e scout solo perché mi costringi, mai mi sarebbe passato per la testa.

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  2. Mi riferivo proprio al rischio

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