domenica 14 settembre 2014

"Testo a fronte" a quota 50 dopo 25 anni

Riviste #5

Torno a scrivere di riviste, realizzazioni che per tanti versi, quando scevre da accademismi autistici, reputo più importanti dei libri. Perché? Perché sono state spesso più necessarie dei libri. La nostra mente, un po' feticista in questo, ci porta spesso a credere che dietro alla realizzazione di un libro si celino chissà quali motivazioni culturali, ideologiche o di talento (dell'autore, dell'editore talent scout o del curatore/traduttore). A volte questo può verificarsi, ma molto spesso le ragioni per cui si fanno anche dei libri poi ritenuti importanti dai lettori o dalla critica sono inizialmente ascrivibili al regno delle fregnacce che si potrebbero benissimo spiattellare ai quattro venti senza vergogna. Chiamateli anche i casi della vita, se preferite un termine meno colorito. Anche un catalogo "fondante" come quello einaudiano del dopoguerra, che ha provato a incidere in qualche misura sulla società italiana, è figlio di un'atmosfera ben precisa e forse non molto edificante, ovvero della noia micidiale di quelli che sono passati alla storia come i mitici "mercoledì di via Biancamano", una noia che conta testimonianze efficaci e che ai nostri occhi oggi sembrano credibili. Tutto questo per dire che anche quello che ci sembra circondato di chissà quali aloni di prestigio nasce molto spesso da situazioni profondamente normali e male non farebbe ricordarlo, ogni tanto.

Ma torniamo alle riviste e alla rivista di oggi. Anche se forse nessuna disciplina come la traduttologia è estranea a bilanci o consuntivi, è stato corretto marcare sin dalla copertina il cinquantesimo numero di "Testo a fronte". Parliamo della sola rivista italiana di "teoria e pratica della traduzione letteraria", da anni pubblicata da Marcos y Marcos, editore che a ben vedere si propone come sostenitore di due delle riviste più belle degli ultimi tempi, "Riga" e "Testo a fronte" per l'appunto. I 50 numeri rappresentano ovviamente un traguardo simbolico, che però la dice lunga su un vuoto che la fondazione di questa rivista colse e iniziò a interpretare cinque lustri fa. A ricordarne gli albori è proprio l'editoriale di Franco Buffoni, che ha fondato la rivista e la dirige con scrupolo da tempo, ora assieme a Paolo Proietti e Gianni Puglisi. Così scrive nel suo editoriale, del quale per l'occasione riporto un ampio stralcio sotto, anche per ricordare le figure fondanti che in questi 25 anni la rivista ha incrociato:

Non avrei mai creduto, nel 1989, che saremmo giunti a festeggiare i venticinque anni di vita di «Testo a fronte», con cinquanta numeri pubblicati, e senza mai ricorrere all'escamotage dei numeri doppi.
Penso con nostalgia a quei primi anni: la redazione era nel mio studio a Bergamo, dove come professore associato l'anno prima avevo organizzato il convegno "La Traduzione del Testo Poetico". I laureandi correggevano le bozze: tutto era cartaceo, inevitabilmente, coi "compositori" che potevano aver digitato qualsiasi cosa.
Il convegno mi aveva regalato l'amicizia e la stima di Allen Mandelbaum e di Emilio Mattioli. Con loro formai il primo comitato direttivo: l'uomo forte di California University Press, traduttore della Divina Commedia; e il primo allievo di Anceschi, il filosofo dell'estetica che sapeva coniugare Luciano a Meschonnic.
E proprio Anceschi accettò di far parte del nostro comitato scientifico, con Gianfranco Folena e Cesare Segre, Maria Corti, Michael Hamburger, George Steiner… E i poeti-traduttori e i traduttori-poeti: Luzi, Fortini, Giudici, Solonovic, Macrì…
Prese così avvio un'affascinante riflessione teorica che – con Berman e Ladmiral, Efim Etkind e Friedmar Apel – è riuscita, nel tempo, a inoculare nella cultura italiana il germe della traduttologia. La parola stessa, allora, veniva messa in discussione: un disagio che in realtà celava il rifiuto ad ammettere la possibilità che una scienza della traduzione potesse esistere.
Con molta pazienza, numero dopo numero, forse siamo riusciti nel nostro intento. Sempre con i poeti al fianco, che intanto scalavano di una generazione; forse persino di due, se scorriamo l'attuale composizione del comitato.
E sono grato agli anni di Cassino, agli amici che lì mi affiancarono nella redazione e che permisero l'avvio dell'informatizzazione della rivista, nonché la realizzazione di un altro importante convegno, dedicato alla Ritmologia. La questione del "ritmo" è infatti uno dei cinque punti topici teorici – con poetica, intertestualità, movimento del linguaggio nel tempo e avantesto – che tanto ci hanno impegnati in passato e tuttora ci impegnano.
In un'ottica ormai di massima attenzione ai processi di globalizzazione – processi che non possono non avere come fulcro la "questione" della traduzione – la rivista è infine giunta al suo attuale approdo accademico alla iulm di Milano. Un'istituzione che, grazie alla generosa lungimiranza del suo rettore, ha saputo valorizzare e infondere nuova linfa all'azione di ricerca promossa da «Testo a fronte». [...]

Prima di chiudere, qualche notizia sui contenuti del numero 50. Vi trovete gli appunti sulla traduttologia italiana di Franco Nasi, il contributo di Alessandro Ghignoli intitolato "Il transautore nella comunicazione letteraria tradotta", una ricognizione di Vincenzo Pepe sulle traduzioni inglesi de Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, un'incursione di Antonio Bibbò sulle strategie traduttive in due versioni italiane dell'Ulysses. Si procede con il contributo di Francesca Cosi e Alessandra Repossi intitolato ""Il passaggio della mente per il mondo": la traduzione dei diari giovanili di Virginia Woolf", con quello di Massimo Bacigalupo che con un gioco d'iniziali titola "E.P. meets E.P.: Ezra Pound and Enrico Pea's Moscardino" e con uno scritto di Omar Ghiani Saba "La fede di Gianuario: discorso ipertestuale con il primo poeta in sardo". Punti di grande interesse sono le traduzioni realizzate da Fabio Pusterla e da Alberto Nessi, rispettivamente da Pascal Riou e da Nicolas Bouvier. Il numero prosegue quindi con il saggio e la traduzione di Pietro Taravacci, "Il Cristo, la città e il tempo di José Ángel Valente: tra memoria e invocazione", un componimento inedito fino a due anni fa, con la traduzione dal ceco delle "Quindici poesie da Na postupu" di Vladimír Holan (a cura di Vlasta Fesslová e con i versi italiani di Marco Ceriani) e infine con le poesie di Samuel Menashe curate da Elisa Armellino. Sigillano il fascicolo un ricordo di Giovanna Bemporad e, come sempre, l'abituale "Quaderno di traduzioni" seguito dalle puntuali recensioni e segnalazioni.

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