mercoledì 24 settembre 2014

"Dove sei Mathias?" e "Line, il tempo" di Ágota Kristóf

Riletture di classici o quasi classici (dentro o fuori catalogo) #23

Dove sei Mathias? (pp. 51, euro 8, traduzione di Maurizia Balmelli, ancora disponibile) non è certo una novità editoriale, ma è forse uno di quei libri fuoriusciti dai circuiti principali di lettura di questa scrittrice naturalizzata svizzera e nata in Ungheria, della quale ho scritto anche qui, molto tempo fa. Il librino edito da Casagrande raccoglie due testi, entrambi calati nel mondo dell'infanzia ma entrambi proiettati oltre. Il primo è il racconto che dà il titolo al volume e attraversa i modi di Ágota Kristóf che ritroveremo nei libri della notorietà. Il secondo testo, splendido, è la breve pièce teatrale intitolata Line, il tempo del 1978. Un testo semplicissimo quest'ultimo, dalla struttura esile quasi evanescente, diviso in due parti con un'ellissi temporale di dieci anni nel mezzo. Line e Marc, i due protagonisti, dialogano nella prima parte quando lui ha 22 anni e lei soltanto 12. Lei lo ama, lo osserva mentre sta seduto al parco a inseguire con lo sguardo un'altra donna (che poi sposerà e dalla quale divorzierà). Marc non ha tempo e occhi per Line, è troppo piccola. In questa prima parte della pièce i due protagonisti parlano di amore, di tempo, di età in un dialogo serrato che poi riprende a parti invertite dopo il vuoto dei dieci anni. I due si ritrovano quindi nello stesso parco, siamo nella seconda parte. Line ha ora 22 anni e Marc 32; lui è tornato, è stato via, lontano. La strategia di Ágota Kristóf prevede un'inversione pressoché totale, accorgimento narrativo tanto semplice quanto ricco di conseguenze. Ora è Caroline (Line era un'abbreviazione del nome poi abbandonata) che è seduta su quella panchina ed è Marc che forse pensa di amarla. Lui però è diventato troppo vecchio e anche se lei lo ha sognato a lungo e ha sognato il suo ritorno, la pièce si chiude con il desiderio di (Caro)Line di non rivederlo mai più. 

Raccontare la struttura di questa pièce significa forse banalizzarla. Si sta prima a leggerla. Ma come intuite Line, il tempo è un testo di una semplicità che disarma, e che tuttavia prova a dire (anzi, prova a farsi raccontare) meglio di un grosso tomo qualcosa sull'amore, sul tempo, sul modo in cui siamo e diventiamo a nostra volta narrazione, racconto e desiderio, e su come questo divenire abbia a che fare con il tempo e con l'amore, nello stesso identico spazio, addirittura sulla stessa panchina. Racconta di come tutto ciò abbia a che fare con immanenza e trascendenza in ugual misura. E allora non sappiamo se il tempo, l'amore e lo spazio siano una linea, come la traduzione inglese del soprannome della protagonista, se siano un cerchio (com'è circolare la storia messa in scena) o se coincidano addirittura con l'ellisse fra i loro incontri. Fuori e dentro metafora: ellisse come luogo dei punti del piano per i quali è costante la somma delle distanze da due punti assegnati detti fuochi, ellisse come orbita descritta da un moto di rivoluzione di un corpo celeste nello spazio, ellisse etimologicamente intesa come "mancanza" e infine ellisse come la sola figura geometrico-retorica di cui disponiamo per dire il tempo e la sua assenza, le intermittenze ma soprattutto il desiderio.

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