venerdì 22 agosto 2014

"Poesia nera e poesia bianca" di René Daumal

Quote #4

"To repeat or copy the words of another, usually with acknowledgment of the source." Questo il verbo "to quote". Ma in italiano "quote" è il plurale di quota, parola che mi interessa soprattutto nel senso della misura di un'altezza o di un lato. Citando e contestualizzando minimamente passi importanti, cerco un modo assai svelto di dar notizia di libri significativi, possibilmente brevi. Stando breve, pure io.

Si scrive poesia, senza certezza di nulla. Si sa. Scriverla è dirla ed è un tentativo. E quanto ci mancano forse delle sane discussioni artigianali sulla versificazione, sull'orecchio, per chi vuole anche sull'occhio. Tuttavia non si registrano, da quel che mi pare di notare, grandissime novità e allora tanto vale riprendere in mano qualche libro passato che ha provato a dire qualcosa, come questo Poesia nera e poesia bianca di René Daumal proposto ora da Castelvecchi (pp. 54, euro 9, traduzione di Michela Summa). Lo scritto che offre il titolo a questo librino dell'autore de Il monte analogo era già apparso in un antico fascicolo Adelphi intitolato I poteri della parola, curato da Carlo Rugafiori nel 1968. Nel complesso questa pubblicazione di Castelvecchi non propone per esteso le discussioni "artigianali" di cui sopra, però raggruppa alcuni scritti rilevanti del grande studioso di lingua sanscrita e filosofia indù, che in vita - ricordiamo  - conobbe Simone Weil e Roger Gilbert-Lecomte, s'avvicinò alla patafisica jarryana e a Gurdjieff. E c'è un punto molto interessante dove queste riflessioni vengono a galla. Questo che segue è il passo che ho scelto per oggi ed è tratto dal saggio Suggestioni per un mestiere poetico:

[...] Il poeta danza nella possessione di un pensiero. Ma poiché s'impone di muovere solo pochissimo il suo corpo, la sua danza si riassume nei movimenti dell'apparecchio vibrante e tanto sensibile della sua voce, e si traduce in suoni. Per il cammino inverso dell'apparecchio ricettivo, tanto sensibile, dell'udito, la stessa danza entra nel corpo dell'uditore, e il suo pensiero è informato. Ma esso non riceve forma, se questa non esiste già per se stessa.
Magma di materia mentale, l'uomo vibra e si staglia sotto l'impatto di parole dalle risonanze indefinite. Queste, è facile a dirsi, sono delle generalità. Da quale estremità prendere questo immenso concerto del linguaggio, per penetrarne gli effetti e le leggi? Qui come altrove, c'è il numero, strumento di scelta. La parola è composta di sillabe, i cui timbri sono determinati dalle vocali. È stato scoperto (Helmholtz e altri) che ogni vocale è caratterizzata da un'armonica fondamentale. La scala delle vocali è tanto rigorosamente matematica quanto lo è la scala musicale. Quanto alle consonanti, queste sono sensazioni di tensioni e distensioni muscolari, che sarebbero altrettanto misurabili. L'accento tonico, gli accenti oratori (interrogativo, dubitativo, ingiuntivo e altri) sono aumentati dalle armoniche fondamentali di certe vocali, generalmente di una, due o tre ottave. I metri sono contati in unità di tempo o, nelle nostre versificazioni degenerate d'oggi, in numeri di sillabe. Quanto ai ritmi, questi ultimi sono numeri viventi. Tutta la matematica poetica, quindi, può essere contata. [...]

Nessun commento:

Posta un commento