lunedì 25 novembre 2013

"dirti Zanzotto", il libro curato da Niva Lorenzini e Francesco Carbognin presentato a Bologna il 27 novembre


mercoledì 27 novembre 2013, ore 17.00
Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio 

(Sala Stabat Mater)

ZANZOTTO E BOLOGNA

presentazione del volume:
dirti «Zanzotto». Zanzotto e Bologna (1983-2011)
a cura di Niva Lorenzini e Francesco Carbognin
Nuova Editrice Magenta 2013

intervengono:
Marzio Breda, Francesco Carbognin, Luciano Cecchinel
Niva Lorenzini, John Welle

Il volume che verrà presentato mercoledì 27 alla Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio a Bologna rappresenta senza dubbio una delle più interessanti proposte editoriali sorte attorno a Zanzotto (e, in fondo, ancora, di Zanzotto), nei mesi immediatamente successivi al secondo anniversario della scomparsa. Già ho dato notizie di Luoghi e paesaggi, curato da Matteo Giancotti e pubblicato da Bompiani il mese scorso. Questo dirti dirti «Zanzotto». Zanzotto e Bologna (1983-2011) (a cura di Niva Lorenzini e Francesco Carbognin, Nuova Editrice Magenta, pp. 185, euro 20) dice chiaramente, sin da quel sottotitolo, del bel rapporto che si creò tra l'"inbulonà" di Pieve di Soligo e la città felsinea, un segno visibile, finalmente, che la leggenda che lo voleva appunto imbullonato ("lontan massa son ’ndat pur stando qua / invidà, inbulonà deventà squasi un zhóch de pionbo") alla sua Pieve è appunto un po' troppo leggenda e andrebbe almeno in parte rivista. Ad esempio un'altra città molto importante dove Zanzotto fu spesso accolto è Torino, dove lo attendevano Gian Luigi Beccaria e Carlo Ossola. Tuttavia non è una geografia di città che ci interessa ora, bensì iniziare a sciogliere certe leggende che contribuiscono a cristallizzare percezioni non feconde (e questa è soltanto una).

Il modo migliore per dare notizia di un libro simile è andare, passo passo, al suo interno. Troverete interventi in buona parte inediti, ricavati anche da un paziente lavoro di sboninatura (che magnifico verbo "sbobinare", anche se a molti non evocherà bei ricordi!) e gli atti del convegno intitolato proprio come il libro in questione, svoltosi a Bologna nel novembre del 2011. L'arco temporale è piuttosto ampio. Si va dal 1983, anno di Fosfeni, periodo nel quale Zanzotto curiosamente iniziava ad allenarsi (defaticarsi?) con degli haiku anglo-italiani (oggi leggibili in Haiku for a season e sicuramente importanti per la resa di libri di molti anni successivi come Meteo) all'anno della scomparsa del poeta. Del 2004 è il conferimento della laurea honoris causa nell'ateneo bolognese. Il primo blocco del volume è quindi un percorso di autoesegesi che parte da un contributo del poeta su Fosfeni, passa per lo scritto Poesia e percezione del 1989 e arriva alla lezione dottorale tenuta da Zanzotto nel 2004. Il denominatore comune è proprio la presenza di Zanzotto a Bologna in queste occasioni, una città dove sembra tornare volentieri a dire cose sempre nuove.


Il secondo blocco di contributi si rifà al convegno che si svolse a Bologna il 24 novembre 2011, vale a dire poco più di un mese dopo la morte del poeta. Vi troviamo il contributo di Stefano Dal Bianco intitolato eloquentemente "La religio di Zanzotto tra scienza e poesia", quello di uno dei curatori del volume, Francesco Carbognin, "La grammatica del «Vero»", che salda in modo originale le ultime opere del poeta ai libri più consolidati e più abbondanti di bibliografia, lo scritto di Maria Antonietta Grignani che saluta l'arrivo delle "carte" zanzottiane acquisite dal "Centro manoscritti" dell'ateneo di Pavia e infine un contributo di Philippe Di Meo, tra i principali traduttori di Zanzotto, su "Gli articoli di G.M.O.", la poesia d'apertura di Idioma.


La terza e ultima parte del libro ne costituisce l'appendice e presenta interviste e dialoghi compresi tra il 2001 e il 2009. L'aspetto occasionale di certi scritti nati parlati, unito ad una certa libertà di fondo che li fa muovere, trasforma anche l'appendice intera in un bacino dove è possibile continuare a scavare, a raccogliere e studiare la lingua, le letture, i traumi e le impennate del pensiero del poeta del secondo Novecento che in qualche modo tutti (almeno quei "tutti" che hanno a cuore la poesia) debbono continuare ad attraversare. I tre blocchi che vi ho brevemente descritto trasformano questo volume pubblicato da Nuova Editoriale Magenta in un tassello significativo per tutti coloro che puntano a raccogliere una seppur minima ma efficace bibliografia attorno ad Andrea Zanzotto.


COLLOQUIO

"Ora il sereno è ritornato le campane suonano per il vespero ed io le ascolto con grande dolcezza. Gli ucelli cantano festosi nel cielo perché? Tra poco e primavera i prati meteranno il suo manto verde, ed io come un fiore appassito guardo tutte queste meraviglie." 
SCRITTO SU UN MURO IN CAMPAGNA 

Per il deluso autunno, 
per gli scolorenti 
boschi vado apparendo, per la calma 
profusa, lungi dal lavoro 
e dal sudato male. 
Teneramente 
sento la dalia e il crisantemo 
fruttificanti ovunque sulle spalle 
del muschio, sul palpito sommerso 
d'acque deboli e dolci. 
Improbabile esistere di ora 
in ora allinea me e le siepi 
all'ultimo tremore 
della diletta luna, 
vocali foglie emana 
l'intimo lume della valle. E tu 
in un marzo perpetuo le campane 
dei Vesperi, la meraviglia 
delle gemme e dei selvosi uccelli 
e del languore, nel ripido muro 
nella strofe scalfita ansimando m'accenni; 
nel muro aperto da piogge e da vermi 
il fortunato marzo 
mi spieghi tu con umili 
lontanissimi errori, a me nel vivo 
d'ottobre altrimenti annientato 
ad altri affanni attento. 

Sola sarai, calce sfinita e segno, 
sola sarai fin che duri il letargo 
o s'ecciti la vita. 

Io come un fiore appassito 
guardo tutte queste meraviglie 

E marzo quasi verde quasi 
meriggio acceso di domenica 
marzo senza misteri 

inebetì nel muro. 



(da Vocativo, 1957)

Nessun commento:

Posta un commento