martedì 17 settembre 2013

Quelle copertine dello Specchio Mondadori così vicine a quelle di Faber and Faber

©overtures #2. Il pretesto per divagare tra copertine, grafica editoriale e storie di libri

Chi fa letture di poesia in Italia aveva un tempo più di qualche collana come riferimento. Per quel che concerne gli editori "maggiori", c'erano e ci sono ancora la "Bianca" di Einaudi (esempio qui accanto; curioso che il vero nome della collana non sia "Bianca") e Lo Specchio di Mondadori. Detto questo, non dimentichiamo Guanda e altri importanti editori di poesia come Garzanti, Scheiwiller o Crocetti. Ma i due "fari" erano bene o male quelli. Ora non importa se molti, moltissimi libri anche importanti sono usciti al di fuori di queste collane. La situazione è  mutata, queste collane hanno perso forse buona parte della loro funzione d'orientamento; viene da interrogarsi oggi sul peso e la capacità del web nell'orientare certi gusti, certe chiacchiere. In realtà è cambiata l'editoria e forse ha sintetizzato bene Giulio Mozzi scrivendo che nella corsa degli editori ai profitti facili e veloci sta - sembra paradossale ma così non è - una delle principali cause delle difficoltà strutturali ed economiche in cui versa l'intero settore (chiedo scusa se non ritrovo la fonte, ma credo comunque stia tutto nel suo blog Vibrisse). Certo, l'inerzia è grande e queste due collane fungono ancora da contenitori di autori e titoli importanti. Resistono in un panorama dove i grandi editori stanno abbandonando la poesia. Ma fortunatamente o sfortunatamente il loro ipse dixit vale meno. 

La storia grafica delle due collane è segnata da una sostanziale continuità nel caso di Einaudi e da una certa mobilità nelle vicende de Lo specchio Mondadori. Se per Einaudi la poesia in copertina ha tenuto banco, nel bianco, in tutti questi anni, nel caso di Mondadori si sono registrate delle oscillazioni. Fino a due anni fa Lo Specchio prevedeva una copertina dove l'immagine giocava un ruolo preponderante. Quell'esperimento durò un decennio circa. Mi pare fosse stato inaugurato dalle Sovrimpressioni di Andrea Zanzotto e si sia concluso - coincidenza vuole - con un libro di uno studioso di lunga data di Zanzotto, Gian Mario Villalta e il suo Vanità della mente (con una bellissima opera del pittore Claudio Guerra in copertina). Poi, con Catena umana di Heaney, Lo Specchio è virato e ritornato ad una sostanziale pulizia, come alle origini. (All'insegna della pulizia, lo Specchio di tanti anni fa prevedeva internamente la pubblicazione di una poesia, fosse anche di soli 10 versi, in due pagine, con un grande spazio bianco tra il titolo e il primo verso e con l'obbligo di voltare pagina anche per una manciata di versi: avete presente? Era curiosa quella scelta tipografica.) Da un punto di vista produttivo, non dover ricorrere ad un'immagine di copertina è un risparmio e una velocizzazione non da poco (il nuovo format prevede soltanto una foto in bianco e nero dell'autore in quarta di copertina). Credo sia anche a questa ragione che possiamo ascrivere un buon ritorno della grafica di copertina puramente "tipografica", senza ricorso alle immagini. Ottimi esempi sono le collane "incipit" e "i grandi pensatori" di Bollati Boringhieri, mentre in questo post illustravo il caso delle copertine "tipografiche" di Penguin. Non si pagano diritti per utilizzare foto particolari e non si diventa matti a cercare un'immagine adeguata che accontenti tutti. Si paga l'ideatore di un progetto grafico una tantum e si spera che i grafici, strada facendo, non tradiscano quel progetto grafico quando impagineranno i futuri volumi della collana (ad esempio con leggerezze di interlinea, di allineamento o di dimensione del carattere, distrazioni che fanno trasalire gli ideatori del progetto grafico complessivo: di questo tipo di coccoloni mi è capitato di parlare con la bravissima Annalisa Gatto di Studiofluo, autrice proprio del progetto grafico della collana "incipit"). L'ultima "gabbia" grafica del Lo Specchio assomiglia forse un po' troppo però a quella dei libri di poesia di Faber and Faber. Lo si vede abbastanza bene con il confronto dei recenti libri di Matthew Francis e di  Maurizio Cucchi, rispettivamente intitolati Muscovy e Malaspina. Anche la scelta del carattere tipografico, determinante con una simile impostazione, mi pare molto vicina.


Sotto, partendo da alcuni autori, ho costruito una piccola cronistoria grafica de Lo Specchio. Voi in quale specchio vi specchiereste? A riguardarle, trovo interessante la soluzione centrale, con il grande quadrato e il nome (anzi, il cognome) cubitale in alto e poi ripetuto per esteso più in basso, vicino al titolo: apogeo dell'epoca dei poeti-brand?

Ho divagato troppo. Parlare di copertine mi porta a questo. Non a caso ho intitolato questo spazio "©overtures #2. Il pretesto per divagare...". Sulla scia di questo, approfitto almeno per dare una notizia e collegarmi alle uscite de Lo Specchio. In questi giorni esce il nuovo libro di Mario Benedetti. S'intitola Tersa morte. Un bel giallo è stato scelto per la copertina, prima volta - mi pare - da quando c'è la nuova "gestione grafica" (il giallo puro era stato scelto per il postumo Yellow di Antonio Porta, ma nella precedente veste grafica). Del libro ha già scritto efficacemente Tommaso Di Dio qui, in un contributo intitolato Il teatro degli spettri; nell'anticipazione potete leggere pure qualche testo in anteprima. Per chi ha amato Umana gloria e Pitture nere su carta si tratta di un libro sicuramente atteso. L'autore lo presenterà domenica 22 settembre, in due diversi momenti, a Pordenonelegge.

Il tram a Milano in viale Monte Nero,
eri seduta a guardarlo come guardavi i treni.
Con la bicicletta senza i freni,
dopo il passo di Monte Croce
per andare a Attimis, a Forame,
è stata una fortuna non cadere, sfracellarsi.
Sapevo che c’eri, che eri vicino a guardare
mentre io pensavo, e ti trattenevo.
Come una foglia tra le foglie
eri sulla panchina. C’erano alberi e alberi,
e il tuo viso, il vestito del solito blu.
Madre, persona morta
in viale Monte Nero, sulla strada per Attimis,
per Forame dove sei nata.


Nella grotta del bosco Làndri


La frana di braci si alza sulle foglie di acero
e in basso la grappa con il tabacco da fiuto,
i cartocci delle pannocchie per le sporte da fare:
notte fatta di attimi, pareti che si scuotono,
pensieri che si divincolano e si addormentano.
E torna la domanda. Non saprai di essere morto,
non sarai, quel nulla che nella vita diciamo
non sarai, non ci sarai più, non saprai di te.
Perfetta assenza. Non distrarti, non eludere
la pura inconcepibile assenza, non distrarti.

(da Tersa morte di Mario Benedetti, Mondadori, 2013, in uscita in questi giorni)

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