sabato 15 giugno 2013

"Giovanni Comisso. Un provinciale in fuga", il ritratto attento alle ombre di Luigi Urettini

Ripescaggi #25


Giovanni Comisso
al tempo della

Grande Guerra
Mi è capitato di inviare qualche recensione anche al "Notiziario Bibliografico della Regione Veneto", una pubblicazione di respiro regionale, talvolta interessante. La recensione al libro di Renato Rizzi sulla Pedemontana Veneta apparsa qualche tempo fa in questo blog ne era un esempio. Ora riprendo una recensione che inviai molto tempo fa e francamente non so se sia mai uscita (i tempi hanno dell'imperscrutabile, talvolta). Si tratta di un libro-monografia su Giovanni Comisso, lo scrittore dedicatario del capitolo-lemma Poesia dei Sillabari di Parise. Urettini licenzia uno studio puntuale e coraggioso, attento a percorrere le ombre della parabola vitale (vitalistica) dello scrittore trevigiano. Lo pubblica Cierre Edizioni in collaborazione con Istresco. Non sono stati pochi i tentativi di sminuire questo scrittore trevigiano "dalle suole di vento", non solo per iscritto, ma anche verbalmente (penso ad alcuni discorsi ai quali ho assistito e che ridimensionavano la sua "vantata" amicizia e solidarietà col pittore Gino Rossi, rinchiuso per oltre vent'anni nel manicomio di Sant'Artemio a Treviso). Che Comisso rappresenti oggi una figura controversa e problematica mi pare fuori di dubbio. Tuttavia, come provo a sostenere nella recensione che segue, cercherei di provare a rimanere ai suoi testi, una volta tanto, per fuggire da qualsiasi paranoia distruttrice o redentrice.
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Sono passati quarant’anni dalla morte di Giovanni Comisso avvenuta nel 1969 e continua la riproposizione della sua opera attraverso iniziative editoriali importanti come il Meridiano mondadoriano e i singoli volumi editi da Longanesi. A dire il vero queste iniziative sono arrivate dopo un periodo di silenzio prolungato, nel quale era faticoso reperire in libreria persino le principali opere dell’autore trevigiano e la sua biografia, l’einaudiana Vita di Giovanni Comisso, forse il libro migliore di Nico Naldini. Poi, a riproporre lo studio di Naldini, ci ha pensato una piccola casa editrice di Napoli, L’Ancora del Mediterraneo, e, sulla scia del Meridiano di Mondadori, si è ripristinata una sorta di normale reperibilità dell’opera di questo grande del Novecento. La biografia dell’amico Nico Naldini rimane tuttora un esempio insuperato, un romanzo dei romanzi. Oggi, a rimpinguare gli studi biografici su Comisso, dopo quelli di Giorgio Pullini e Ilaria Crotti, arriva questo importante libro di Luigi Urettini, sistemazione organica di alcuni saggi dedicatigli nel tempo.

Il punto di partenza di Urettini sono gli anni della Grande Guerra, vissuta da Comisso in prima persona sul fronte orientale. Urettini cerca di affrontare apertamente, senza esitazioni, gli aspetti più controversi della biografia comissiana, ed è pronto a ribaltare la vulgata di un autore sostanzialmente lontano ed estraneo alle cose della politica. Vengono allora alla luce certi interventi, a tratti deliranti, sulla superiorità italica, su una sostanziale adesione di fondo a certi correnti di pensiero portanti dell’Italia fascista. Il libro di Urettini attraversa con questa volontà indagatrice un trentennio di biografia comissiana e pone forti dubbi sulla statura dell’intellettuale Comisso, pur non mettendo in dubbio l’eccezionalità dello scrittore.

Ora, se è vero che la storia del secolo scorso è costellata di grandi scrittori affascinati dai totalitarismi, anticipatori dei loro prodromi, amplificatori delle loro sirene (pensiamo ai moti di Jünger che pure non fu nazista, a Hamsun, e poi Céline, Brasillach, Drieu La Rochelle, gli scrittori della “tentazione fascista” per usare una celebre categoria di Tarmo Kunnas), questa constatazione non deve diventare motivo di semplificazione dell’analisi storico-letteraria. Al contrario, questa categorizzazione dev’essere un pungolo costante per l’indagine storica e quella critica, uno stimolo a sondare la terribile complessità dell’epoca in questione e l’eccezionale personalità degli scrittori che l’hanno attraversata. Anche nel caso di Giovanni Comisso ci troviamo quindi di fronte ad uno scrittore profondamente complesso, la cui complessità è paradossalmente dettata da una sorta di naïveté anarchica, fatta di libertà assoluta e intimo ascolto di un ritmo naturale e biologico, in cui vige, per usare le parole del curatore del Meridiano Rolando Damiani, “la sola verità dell’attimo”. Le bassezze e gli “sproloqui” di cui si è reso protagonista Comisso vanno giustamente ricordati, ma non con il piglio di un maccartismo paranoico che alimenti il lavoro dello storico. Non si sta sostenendo che si debbano ridimensionare alla luce della grandezza innegabile dello scrittore, ma semplicemente considerate secondo un adagio Terenziano: Homo sum, humani nihil a me alienum puto.

2 commenti:

  1. Una vita che provo a cercare il libro di kunnas che nomini ... non si trova

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  2. Matteo confermo. Pare impossibile. Anche nelle antiquarie

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