lunedì 28 gennaio 2013

Guido Morselli quarant'anni dopo la morte. Intervista con Valentina Fortichiari

Librobreve intervista #10

Cade quest'anno il quarantennale della morte di Guido Morselli. Quest'intervista vorrebbe essere un piccolo approfondimento di alcuni aspetti della sua opera e allo stesso tempo un invito alla lettura. Lo facciamo proprio con chi, circa trent'anni fa, scrisse Invito alla lettura di Guido Morselli (Mursia). Valentina Fortichiari, ora all'ufficio stampa di Longanesi, ha curato per Adelphi diversi libri dello scrittore nato a Bologna e ritiratosi poi - come noto - in provincia di Varese. Ripercorrendo alcune vicende biografiche e bibliografiche ricaveremo un ritratto di scrittore la cui opera non accusa molto il trascorrere dei decenni, un artista colmo di stile, affamato di creatività vera (non certo quella che oggi viene passata per "creatività"). La tenuta delle sue opere, in un momento in cui anche i romanzi e le poesie sembrano portare stampigliata la data di scadenza "Best before", si sostanzia nello stile e nella sua ricerca inquieta e dovrebbe farci pensare ad un classico. L'intervista si chiude su alcuni consigli di lettura di libri (brevi) di Morselli e mi auguro costituisca una cavalcata piacevole tra domande e risposte, sia per i morselliani della prima ora sia per chi non ha ancora letto nulla di questo scrittore.

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LB: Il 2012, anno del centenario della nascita di Morselli, mi pare trascorso senza particolari iniziative. 
RISPSOTA: Affatto. Il Premio dedicato a Morselli lo ha ricordato a Varese; a Milano è stata organizzato un ricordo alla Sala del Grechetto (in collaborazione con il Premio Chiara e l'Unione  Lettori) con la sottoscritta, Giulio Giorello e Romano Oldrini.

LB: Quest'anno cade invece il quarantennale della morte dello scrittore, una ricorrenza assai più significativa, sia perché dalla morte inizia la sua vicenda editoriale sia perché, a mio personalissimo avviso, le ricorrenze delle morti hanno forse un po' più senso di quelle delle nascite. Le risultano iniziative particolari in programma per questo 2013 e degne di menzione? 
RISPOSTA: Mi ha fornito un'ottima idea.

LB: Quarant'anni fa il suicidio dello scrittore. Di lì, grazie anche all'interessamento dell'amico Dante Isella, cominciò la vicenda editoriale postuma con Adelphi, con pubblicazioni che si sono succedute a ritmo costante per tutto il secondo lustro degli anni Settanta e poi, rallentando, anche negli anni Ottanta e Novanta. Si può affermare che lei ha seguito costantemente le vicende dello scrittore, sin da un precoce Invito alla lettura uscito da Mursia: può tratteggiare i passaggi più significativi dell'interesse che ha suscitato l'opera di Morselli nel suo complesso o determinati titoli in particolare? 
RISPOSTA: Oltre a Invito uscì da Rizzoli Immagini di una vita, da me curato, con uno scritto di Giuseppe Pontiggia (2001). L'interesse più significativo nei riguardi dello scrittore ha accompagnato di anno in anno la pubblicazione delle sue opere soprattutto da parte di Adelphi (dagli anni Settanta a fine Novecento). Dal famoso saluto di Giulio Nascimbeni "È nato un Gattopardo del Nord" (anni '70), ai tanti contributi critico-giornalistici, un elemento si può notare: è mancato un vero studio ponderoso, una analisi corposa e esauriente. Anche di recente saggi continuano a uscire, su aspetti specifici, e qualche editore minore (penso alle Nuove Edizioni Magenta di Varese) propone al pubblico saggi di Morselli (Realismo e fantasia), epistolari. Ma al momento  il 'caso' Morselli pare languire. Per ragioni soprattutto di costi Adelphi ha interrotto l'Opera Omnia nella collana La Nave Argo. Peccato: Guido Morselli sta degnamente tra i grandi del Novecento, ma è come se lo si fosse relegato in una nicchia minore, nonostante l'attualità e la 'tenuta' della sua narrativa. Come se si continuasse  perversamente a ignorarlo, come fu quando Morselli era in vita.

LB: Non è difficile immaginare il perché dei tanti rifiuti editoriali ricevuti da Morselli in vita, sui quali si concentrano, a detta di molti, anche i moventi del suicidio. Con il senno del poi, riconosciamo che la sua prosa e i suoi interessi speculativi erano sostanzialmente assai lontani dai binari principali della letteratura italiana del dopoguerra, quel solco netto neorealista e quella traccia indelebile depositata segnatamente da due organizzatori di cultura come Calvino e Vittorini. Anche per questo, oggi, i suoi interessi e la sua prosa ci appaiono assai più duraturi, intramontabili, caldamente attuali. Oggi non possiamo che rimanere affascinati da un autore che in quegli stessi anni si spendeva addirittura nelle ambientazioni future di Roma senza papa e in una bellissima storia controfattuale dedicata ad un evento capitale come la Prima guerra mondiale (mi riferisco naturalmente a Contro-passato prossimo). Si avvicina anche il Centenario della Prima guerra mondiale. Potrebbe ripercorrere il senso di quel libro e di quella vivida ricostruzione dell'Edelweiss Expedition? 
RISPOSTA: Prima di tutto ribadisco che sarebbe sbagliato interpretare il suicidio attraverso la delusione per i numerosi rifiuti editoriali. L'ho sempre sostenuto e ne sono tuttora convinta. Nel gesto drammatico del suicidio entrano motivazioni molteplici, complesse, non riconducibili a questa sola spiegazione. E poi, sicuramente, la sua formidabile capacità di 'stare fuori' dalle mode, di precorrerle, di essere totalmente inassimilabile al suo tempo, è la stessa che oggi lo fa suonare straordinariamente moderno e attuale. Venendo a Contro-passato prossimo, fu una trovata estremamente felice, raccontata con la leggerezza densissima della sua prosa elegante, ironica, quasi 'britannica' nella compostezza  quasi trasparente. La fantasia non faceva difetto a Morselli, ma Guido era anche capace di 'documentarsi' con acribia rara e sapeva dare vita a un affresco storico (anzi antistorico, una ricreazione della Storia tramutata in controstoria) dove personaggi reali stavano sulla pagina accanto a protagonisti totalmente di invenzione. Forse questo può ben dirsi il suo romanzo più compiuto e ricco, ma quanta fatica, quante 'battaglie' editoriali dovette costargli: addirittura un Intermezzo  tra l'Autore e il suo Editore, che fu scritto per 'ragionare' sul libro ma che alla fine non produsse i risultati sperati. Anche Contro-passato non arrivò alla pubblicazione.

LB: La grande lezione di Morselli s'attesta, tra le altre cose, nella rivisitazione del romanzo storico, non certo nell'accezione manzoniana dell'espressione. Crede sia questo uno dei punti-cardine da dove ripartire ogni volta che si prende in considerazione la sua opera, pure ad un livello scolastico e didattico? Ma si studia (si sfiora) Morselli a scuola, oggi? 
RISPOSTA: Si studia a livello universitario: ancora arrivano da me studenti con tesi.  Ma non direi che Morselli si è limitato a una rivisitazione del romanzo storico: intanto i generi nei quali si è cimentato attestano sconfinamenti nel teatro, nel racconto, nella saggistica, nel giornalismo. Se poi stiamo solo sulla narrativa, i romanzi hanno spaziato nella ricchezza di spunti e di tematiche. Morselli infine è stato fortunatamente immune dal virus autobiografico (persino nel Diario parla poco di sé e molto della realtà che lo circonda, di letture e di lavori intrapresi; insomma un diario di scrittore). 

LB: C'è stato appunto un Morselli giornalista e saggista che va tenuto sempre a mente. Penso ad esempio alla sua recensione del fortunato Il caso e la necessità del biologo Jacques Monod. Si può forse far discendere il Morselli scrittore dai saggi importanti che fece uscire già negli anni Quaranta, anche per i continui rimandi metaletterari e metafilosofici. Può sintetizzare i momenti salienti del percorso di giornalista durante il Ventennio fascista e saggista poi? 
RISPOSTA: La parentesi giornalistica poco ha contato nel ventennio fascista: non era giornalistico il passo della sua scrittura più felice, la pasta della scrittura.  Articoli e saggi gli servirono in un certo senso per allenare la scrittura, per cimentarsi come era naturale in percorsi ovvii per un umanista e per un giovane che aveva percorso l'Europa nel classico Grand Tour e, dopo la laurea in Giurisprudenza, seguiva  le sue inclinazioni naturali più nel versante letterario ma era attento a tutti i fermenti culturali della sua epoca. Se saggi come Realismo e fantasia (il più ricco ma anche il primo, che contiene in nuce molti dei temi morselliani sviluppati poi nei romanzi),  Fede e critica,  persino il brevissimo e lucido Capitolo breve sul suicidio mostrano una intelligente capacità argomentativa, non sono però tra le opere migliori di Morselli, che resta narratore puro e che, a suo dire, volle sempre considerarsi dilettante, avverso allo specialismo imperante.  La sua narrativa ha conosciuto fasi anche di interruzione, pause e riprese, ma è proprio la matura stagione dei grandi romanzi (dagli anni Sessanta sino alla sua scomparsa) a indicare anche le preferenze dello scrittore.

"Casina rosa" (foto Chiodetti)
LB: Alla lettura di alcune note biografiche, colpisce l'apertura di Morselli anche al teatro e al cinema. Quel che ne ricaviamo è un artista sempre pressato dallo sforzo della ricerca della forma più congeniale. Concorda? Può brevemente tornare anche sugli esiti delle opere di teatro e sui tentativi di sceneggiature cinematografiche? 
RISPOSTA: Certo che concordo: Morselli aveva una 'fame' di creatività che comprendeva tra l'altro anche l'uso della immagine. Si cimentò nella fotografia (con esiti eccellenti) e nell'uso della cinepresa. Del resto nei romanzi le immagini sono determinanti e quasi tratteggiate con l'occhio di uno sceneggiatore. Ovvia dunque anche la sua curiosità per tali generi: i suoi lavori rimasero incompiuti in parte, non rivisti e non sistemati per la pubblicazione o diffusione quanto i romanzi. Evidentemente lo stesso Morselli era consapevole di non aver raggiunto risultati soddisfacenti. Propendo a considerarli lavori minori, nel rispetto delle intenzioni  dell'Autore. Non credo neppure che Morselli ne avrebbe autorizzata la divulgazione.  

LB: A lei va riconosciuta una sorta di "lunga fedeltà" all'autore. Il suo Invito alla lettura di Guido Morselli (1984), assieme all'altrettanto efficace libro di Simona Costa per il Castoro (1981),  costituisce un caposaldo. Da dove nasce il suo affiancamento pieno e duraturo alla vicenda editoriale di Morselli, che poi sfocia nelle varie curatele delle opere pubblicate da Adelphi? 
Nasce dalla fortuna di ricevere un compito da Adelphi all'inizio dell'avventura morselliana (1975, appena laureata): quello di inventariare tutti gli scritti rimasti nei vari scatoloni custoditi a Varese da Maria Bruna Bassi. Quel compito mi permise di entrare nel mondo di uno scrittore tanto profondamente: una esperienza unica, che ancora perdura.

LB: Pensare al suo libro e a quello di Simona Costa è per me un'occasione di riflessione su questo genere di collane (rispettivamente di Mursia e de La Nuova Italia che li ospitavano), le quali oggi non godono più di molta considerazione. Sotto le vesti di  "libri di servizio" si nascondevano dei piccoli capolavori di sintesi e di impegno critico, ai quali oggi sarebbe stupido rinunciare in un panorama di grande disorientamento. Nella realtà mi pare che molti snobbino questo genere di collane (ed è il motivo per cui non si vendono/vedono più). Vorrei un suo parere a riguardo, dal momento che l'editoria costituisce anche lo scenario del suo lavoro attuale. 
RISPOSTA: È vero: si trattava di studi seri, di primo approccio alla conoscenza degli scrittori, e forse proprio per questo non del tutto sufficienti. L'Editoria conosce momenti, stagioni. Evidentemente quelle pubblicazioni non assolvono più un compito che oggi si preferisce affidare alla lettura diretta. Non bisogna stupirsene. Oggi anche l'insegnamento è cambiato. Bisogna adeguarsi a una fruizione diversa dei capolavori. Del resto basta scorrere le classifiche, specchio dei gusti contemporanei del pubblico, delle mode editoriali. L'Editoria ha chiuso il 2012 con una crisi preoccupante, che riflette la crisi più ampia del Paese. Per sopravvivere bisogna rivedere i criteri, le scelte e adeguarsi. Morselli si chiederebbe se il romanzo è morto. Il romanzo classico, forse.  Si cimenterebbe con il genere 'giallo', mi sono sempre chiesta?

LB: Sua è anche la cura dei diari dell'autore. In quale rapporto di illuminazione reciproca stanno i diari e le opere dell'autore, se possibile con riferimento particolare a quell'opera "conclusiva" ed eccezionale che si incontra in Dissipatio H.G.? 
Come ho detto i numerosi quaderni, dai quali si è ricavata la scelta pubblicata da Adelphi, sono in prevalenza diari e appunti di uno scrittore e possono illuminare sul retroterra culturale di Morselli, sugli anni di formazione, sul percorso di gusto e gli itinerari della sua mente ondivaga, onnivora, mobilissima. Alcuni libri sono nati sui diari (Uomini e amori). Per altri i richiami diaristici indicano la direzione degli studi, delle suggestioni, delle letture che li hanno accompagnati. E infine anche, ma in misura minore, degli stati d'animo. 

LB: Può ricostruire a grandi linee il profilo della fortuna di Morselli al di fuori dei confini italiani? Esiste qualche isola di attenzione particolare che vale la pena menzionare?
RISPOSTA: Morselli è stato ampiamente tradotto all'estero, in Europa ma non solo. Ricordo un inglese di Durham, pazzo di Morselli, che nel tradurre i suoi romanzi mi faceva molte domande per meglio capire l'uso di certi termini italiani. Venne in pellegrinaggio a Gavirate. Bisognerebbe però consultare tutte le edizioni e la storia dei diritti venduti da Adelphi e qui mi fermo. Un percorso che non ho seguito capillarmente. Come anche l'esito della fortuna critica all'estero.

LB: Trovo che uno degli aspetti più interessanti sia il ricorrere di quel ragionamento percussivo attorno ai tamburi dello specialismo e del dilettantismo. Soprattutto il ricorrere del "dilettantismo", riferito al proprio percorso, è a mio avviso uno dei lasciti più potenti della riflessione morselliana. Qual è il suo pensiero a riguardo? 
RISPOSTA: Concordo in pieno. Questa sua visione culturale e insieme filosofia di vita, questa sua capacità di understatement, il non prendersi mai sul serio e il ritenersi comunque sempre un dilettante, è ciò che ha permesso allo scrittore  di toccare vette alte con la sana consapevolezza della relatività del tutto. Oggi Morselli avrebbe tuonato contro l'esasperante specialismo, l'ipertecnologia che sta invadendo campi anche letterari. Il libro in digitale gli avrebbe fatto orrore. Non si sarebbe piegato alle attuali logiche del mercato, alle leggi del marketing, e via di seguito.

LB: Se dovesse oggi, a distanza di anni, "invitare alla lettura" di Morselli menzionando tre vettori di interesse verso la sua opera, cosa direbbe ai lettori di questo blog?
RISPOSTA: Consiglierei di leggere ancora i libri di Guido Morselli per l’intelligenza, la molteplicità dei mondi raccontati, la prosa perfetta.

LB: Quale il più bel "libro breve" di Morselli? 
RISPOSTA: Comincerei da Divertimento 1889, un piccolo gioiello, e se il virus attecchisse continuerei con Dissipatio H.G. e poi percorrerei tutta la parabola creativa morselliana. Certamente la noia non starebbe mai in agguato.

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