lunedì 10 dicembre 2012

"La vita privata degli oggetti sovietici". Un libro di Gian Piero Piretto

Qualche anno fa uscì per Isbn Edizioni un libro curioso di Vladimir Archipov dal titolo Design del popolo. 220 invenzioni della Russia post-sovietica, un sorta di catalogo di oggetti nati dall'ingegno "diffuso" del popolo russo, a metà strada tra l'onirico e l'estremamente utile e concreto. Pezzi unici, trovate talvolta geniali, che rimandavano più o meno alla povertà del socialismo reale ma allo stesso tempo offrivano uno spunto eccezionale di design ecosostenibile: "design del popolo" titolava il libro, in contrapposizione al noi noto "design industriale" della produzione seriale. Ora Sironi pubblica un libro radicalmente diverso nei presupposti, eppure posto in una sorta di complementarietà con quello di Archipov. La vita privata degli oggetti sovietici. 25 storie da un altro mondo, scritto in modo assai convincente da quel grande esperto di cultura russa e cultura visuale che è Gian Piero Piretto, non mancherà di colpire studiosi di cultura e letteratura russa, esperti di cultura visiva, filosofi o "semplici" collezionisti. Vi troverete in mano un volume largamente illustrato (pp.  208, euro 19,80) che racconta la biografia di 25 arcinoti oggetti sovietici, oggetti-simbolo ed entrati nell'immaginario collettivo, le cui storie sono riprese per mezzo di citazioni letterarie, storiche o attinte dal bagaglio cinematografico.

Ma quali sono questi 25 oggetti protagonisti dei brevi capitoli del libro, che invece è introdotto da una più lunga, articolata e utilissima premessa? Eccoli, in ordine di apparizione: il colore rosso, il distributore automatico di acqua gassata, il samovar, il profumo, la polpetta, il bicchiere a faccette, la contromarca (quella targhetta numerata con la quale vengono riposti un cappotto e una sciarpa al ristorante e che, nella sua apparente insignificanza, racchiude l'universo dell'intero galateo sovietico), la metro, il cadavere di Lenin, lo Sputnik, il dolce pasquale, la carta igienica, la borsa a rete, l'automobile (la Pobeda!), la vodka, il deficit, le galosce e le ciabatte, le sigarette, la moneta, la lampada, il pesce essiccato, il portabicchiere, i distintivi, lo scarafaggio ("per la pregnanza della sua identità", da ricordare la famosa poesia di Mandel'štam su Stalin) e infine i barattoli.


La prosa di Piretto di destreggia molto efficacemente tra i capisaldi che ritornano ogniqualvolta dirigiamo lo sguardo al mondo degli oggetti e delle cose. Inevitabili Baudrillard e il Foucault de L'archeologia del sapere, e ora, da qualche anno, da quando è uscito La vita delle cose, inaggirabile è pure Remo Bodei. Rimane naturalmente imprescindibile Walter Benjamin e tutto l'universo culturologico lotmaniano, unito all'apporto eccezionale della letteratura, qui segnatamente russa (Čechov, Majakovskij, Mandel'štam) e della grande tradizione cinematografica di questo paese sterminato. Ciò che interessa lo sguardo dell'autore sono semplici e quotidiane cose nella "dinamicità del rapporto diretto con i fruitori", negli anni del prolungato esperimento socialista e nella loro vita a esperimento terminato. Molto interessante poi è il rimando ad una componente "camp" della cultura staliniana, già sviscerata nella rivista Riga dall'autore. Insomma, in questa rinnovata attenzione per il mondo delle cose e degli oggetti (termini da distinguere puntualmente, visto che il primo implica affettività laddove il secondo implica puro possesso) non potete mancare questo importante capitolo scritto e illustrato da Gian Piero Piretto con larghezza e profondità d'analisi e di sguardo.

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