lunedì 22 ottobre 2012

"La mosca e il funerale" di Andrea Bajani

Andrea Bajani, nella nota conclusiva, afferma di aver scritto La mosca e il funerale (Nottetempo, pp. 80, euro 6) in diciotto ore, intervallo di tempo nel quale si è limitato a qualche sosta fisiologica e poco altro. Limitato anche il lavoro di lima. E quel che ne risulta è un racconto piacevolissimo e sorprendente. Il narratore è un piccolo bambino, nipote del nonno di cui si sta celebrando il funerale. Oreste, il defunto, in omaggio ad una convinzione che ormai sembra passata a senso comune, è più vivo dei vivi. Al funerale partecipano ovviamente uomini vestiti da guardie del corpo e donne vestite da girasoli, la sorella Alice, di soli tre anni, i famigliari, un prete che nel bel mezzo della cerimonia mette tutti in imbarazzo chiedendo di salire a dire qualcosa per il povero Oreste e un vecchio disperato che piange a dirotto. Quest'ultimo, l'elemento di disturbo-sorpresa del racconto, esce e rientra, fino a quando non giunge qualcuno a recuperarlo definitivamente e a scusarsi con i presenti, informandoli che costui aveva semplicemente sbagliato funerale. Chissà che cosa pensano le mosche dei nostri funerali e di questo strano ballo collettivo scoordinato di diverse generazioni che si innesca davanti a un morto... In effetti, a ben vedere (e a ben scrivere, cosa che ha dimostrato di saper fare Bajani, anche con le precedenti prove), le cerimonie funebri sono spesso un miscuglio di strazio e imbarazzo, di dolore e grottesco, proprio per la peculiare "risoluzione" del rapporto terreno con una persona che ci ha lasciati. Il punto di vista "basso" e la presenza scenica dei due bambini, equipaggiati - pure loro! -  di occhiali da sole acquistati in edicola all'ultimo minuto (di Winnie The Pooh per lui e di Hello Kitty per Alice) diventa antifrasticamente piedistallo privilegiato per fare continui zoom su questo nonsense comunemente accettato del funerale, allorquando tutti indossano appunto occhiali da sole e facce di ceramica. 

A molti di noi sarà capitato da bambini di partecipare alla cerimonia funebre di un nonno e per molti questa è coincisa con il primo impatto con quello che facciamo della morte (non tanto con la morte stessa). Il piccolo protagonista di questo libretto è addirittura un veterano, visto che ha partecipato anche a quello della nonna, e ora guarda con una certa comprensione la sorella Alice, alla sua prima esperienza. Non è improbabile che in voi possano allora risuonare quelle controllate allucinazioni che il bambino intavola nel dialogo serrato con il nonno "lì dentro" la bara, il ricorrere di quel tic linguistico del defunto riguardante proprio le mosche e la merda. A molti poi sarà capitato di riflettere sugli occhiali da sole, immancabili protesi ottiche di questi momenti, e qui ironicamente paragonati a tanti pannelli solari in grado di sorreggere il fabbisogno energetico dell'intera città. Come è facile vi ritroviate sulle facce di ceramica, sul prete e sul breviario delle sue frasi, che poi spesso sono raffazzonate e raccattate all'ultimo minuto intervistando i parenti del defunto, in un'operazione in extremis non diversa dall'acquisto degli occhialini-gadget per i bambini. Ciò che colpisce in questo racconto di Bajani è lo sguardo indulgente e feroce, eppure mitigato, e come questa mitigazione dello sguardo avvenga in una cornice di pulsante rivisitazione della memoria e dei suoi palpiti e silenzi. Alla fine, quella mosca del titolo coincide quasi con i voli di pensiero di quel piccolo protagonista che, arrivati in fondo, vi conquisterà.

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