martedì 31 maggio 2011

Pedalo dunque sono. La ciclosofia di Ediciclo


Quando venni a sapere che il filosofo Franco Volpi era morto a causa di un incidente in bicicletta rimasi colpito. Due volte. La prima, normale, perché avevo visto e sentito quel filosofo qualche volta, durante la mia permanenza all'Università di Padova. La seconda perché un filosofo che muore in bici era una sorta di idea che bussava due volte alla mia testa.

A Franco Volpi è dedicato questo trattato di ciclosofia uscito per i tipi di Ediciclo, l'editore di Portogruaro che ha fatto del ciclo la propria ragione d'essere e che negli anni ha costruito un catalogo ciclocentrico di tutto rispetto (dalle guide ai trattati, passando per traduzioni di autori stranieri che alla bicicletta hanno dedicato almeno una delle loro opere).

Sembra che inizi a prendere forma un nuovo filone di pubblicazioni in cui si cerca di dare una sorta di giustificazione filosofica, antropologica e persino neuroscientifica a volte allo sport o all'attività fisica in genere. Certo, nel caso di questo volume parliamo di un mezzo di locomozione che in questi anni è già stato elogiato da più parti: penso a Bollati Boringhieri che ha fatto uscire per la collana prettamente filosofica Incipit Elogio della bicicletta di Ivan Illich e Il bello della bicicletta dell'etnologo Marc Augé, a Elliot che ha pubblicato Bike Snob. Manifesto per un nuovo ordine universale della bicicletta del noto blogger BikeSnobNYC o ai Diari della bicicletta dell'ex Talking Heads David Byrne usciti da Bompiani. Per tutti questi libri la centralità del mezzo è un tratto accomunante, ovviamente anche in chiave ecologica. Questa lista si può ulteriormente allungare e allargare ad altri ambiti, come il cinema ad esempio (pensiamo all'ultimo film dei fratelli Dardenne Il ragazzo con la bicicletta).

La specificità di Pedalo dunque sono. Pensieri e filosofia a due ruote (a cura di Lorenzo Parolin, pp. 112, euro 13) risiede in buona parte al di fuori di questo tratto accomunante dei libri sopra citati. La caratteristica nuova dei contributi di Carmine Abate, Silvano Bordignon, Mirco e Nicola Corato, Giovanni Gurisatti, Chiara Mascarello e Alessandro Motta è quella di affrontare anche la fisiologia della percezione che la bicicletta ha imposto nella sua lunga storia e provare a restituirla in chiave filosofica. Perché corriamo? si domandava Roberto Weber in un bel libro uscito qualche anno fa per la collana Le Vele di Einaudi dedicato alla corsa e alle indimenticabili figure del fondo e mezzofondo mondiale. Questi contributi rispondono ad una simile domanda: perché pedaliamo? Tra tutti, credo che quello di Chiara Mascarello sia il più interessante e promettente anche in chiave di futuri sviluppi della neonata ciclosofia.

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